Mare Felice
Pippo, un personaggio spotornese d'altri tempi
di Ettore Canepa

Oggi fa scandalo, a ragione, vedere un ragazzo di dieci anni intento al lavoro, ma a quella mia età era abbastanza che, al di fuori della scuola i ragazzi venissero occupati anche in servigi o piccoli lavori.
Io come tanti altri, non lasciavo occasione per guadagnare una piccola mancia da portare alla mamma.
Quel giorno in una cantina aiutavo un signore ad imbottigliare del vino, quando arrivò Pippo. Portava un sacco di pigne, allora indispensabili per attizzare il fuoco a legna o a carbone. “Dagli da bere” mi, sollecitò il proprietario ed io versai il vino nel bicchiere. Pippo sorseggiò lentamente il contenuto, non ne volle altro ed andò via velocemente. Lo ritrovai subito dopo per dirmi che non era vino quello offerto ma aceto. Perché non dirlo prima? “Ho avuto vergogna”. Nemmeno io ero spavaldo, ma quella timidezza in un uomo di cinquanta anni mi pareva eccessiva.
Mio padre, al mio racconto, non fece commento, ma dal suo atteggiamento compresi che non apprezzava molto quell'uomo, “La libertà fuori dal contesto civile, non è libertà, ma bracconaggio;non mitizzare il falso”.
Per me Pippo era un uomo semplice, onesto, leale, la sua ingenuità inteneriva e suscitava curiosità allo stesso tempo. Non era certo il mio mito, ma lo sentivo persona diversa. Lo guardavo dal molo accovacciato a poppa della sua barchetta. Non possedeva una barca vera e propria e sceglieva il pesce da prendere, pari al contadino che raccoglieva nel suo orto. “Non è il mio orto, è di tutti, specialmente di quelli che verranno dopo; noi ne abbiamo il momentaneo possesso, con il dovere di averne cura”. “ Questo papà non è un atteggiamento da bracconiere. Oggi ha portato le pigne, e tu sai quanta fatica abbiamo fatto per spegnere quell'incendio nel bosco, per via delle pigne che rotolavano a valle, oltre la strada spartifuoco, incendiando il bosco sottostante. Non è meritorio il suo lavoro così tanto faticoso? Non ha un lavoro fisso, è vero, non so so se per sua libera scelta o perché nessuno gliene ha offerto uno, sarà un istinto, un desiderio di una vita indipendente, il piacere di quella scelta, ma è pur sempre la forza del suo valore etico che prevale, forse oscuro molti, ma luminosamente manifestato a chi vuole conoscerlo ed apprezzarlo senza preconcetti. Io ho una coscienza dalla quale ora mi faccio guidare, sono preparato alla delusione, a soffrire, ma so che non sarà Pippo a darmene occasione.”
Mi ero spinto troppo avanti nella difesa e nell'opposizione, mi occorreva un recupero convincente: portai il discorso sulla barca. “Quella di Pippo è una piccola barca di salvataggio, comprata alla demolizione delle navi. L'aveva preferita perché doveva metterla in mare da solo. La tiene in uso a forza di pittura. Cento sono i colori di quell' imbarcazione, scoloriti, sabbiati, graffiati. Levigati, trasparenti; una vera opera d'arte. Un giorno andrà distrutta. Se fosse di proprietà di un grande artista finirebbe in una galleria o in un museo. Quella di Pippo non avrà nemmeno l'onore delle fiamme, ha troppa pittura e farebbe troppo fumo”
Un giorno mi chiese di scrivere il nome che le aveva dato. Quando chiesi qual era, arrossì e con un soffio di voce che gli veniva dal cuore mi disse: “Nina il nome di mia moglie.”


Non ritenni di farlo io, non era giusto avevo cercato di aiutarlo e lui aveva provveduto. Il nome Nina appariva sulla barca nitido e chiaro, lui quando leggevano Nina, aggiungeva sempre “É mia moglie.” Felice ed orgoglioso di quell'omaggio.
Durante una mareggiata la gente era intenta a commentare i danni e lui avvicinandomi, con occhi lucidi estasiati, mi sussurrò: “Hai visto come né felice il mare oggi.” Felice? Ma è una furia che, ha devastato i lavori fatti. “La colpa è di chi lo vorrebbe incatenare, il mare è libero, rompe le catene ed è felice.”
Qualche giorno dopo avevamo incontrato Pippo e lui rivolto a mio padre: “Ciao Mario.” “Ciao Pippo.” fu la risposta di mio padre. Pippo aveva quel rispetto che mio padre gli doveva, la mano di mio padre si allungava verso di me, che velocemente andavo a stringere: quale attracco più sicuro in un mare felice.