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giustamente convinti che anche le varietà più sconosciute dei diversi dialetti possono
            farsi cifra di efficace interpretrazione poetica.
                  Le composizioni di Giuliano, poi, oltre a connotarsi di un linguaggio immediato
            e   spontaneo,   si   articolano   in   versi   sostanziati   da   immagini   che   derivano   dalla
            molteplicità degli aspetti che lo circondano.
                  Lo si potrebbe persino accostare all’antico “De rerum natura”, proprio per il suo
            valersi di un linguaggio di cose che sa offrirsi alla parola umana per unesplicazione di
            fatti, di eventi e di aspetti del mondo.
                  La natura, nel suo vario concerto, è chiamata a manifestare la sua peculiare
            significanza, traducendo contemporaneamente la partecipazione emozionale di chi la
            osserva, la vive e la esprime.
                  Conseguentemente non è che in talune composizioni non si  possa rilevare
            qualcosa di tragico, di malinconico o penoso cui, di volta in volta, l’Autore sa aderire
            però con la plasticità di sguardi di chi è adusato alle stagioni, al variare dei loro
            aspetti, al mutare dei tempi e delle situazioni.
                  Con gli occhi innamorati di chi ama ciò che guarda, Giuliano sa scoprire il
            messaggio di verità che è già nelle cose e che, di volta in volta, si impegna a rendere
            palese, facendo ricorso al linguaggio nominale, mediante il quale la frase assume
            particolare efficacia descrittiva.
                  Ciò quando convenga, ma senza rifiutare di proposito il linguaggio verbale: al
            punto, talora, di usarlo persino in modo anaforico, a tutto effetto di una sonorità
            maggiormente ritmica, più fluida e accattivante.

                  Come già fu detto di altri, anche per Giuliano si può dire che egli è “poeta
            visivo” della realtà circostante, ma è anche “poeta veggente”: in quanto vede, oltre al
            dato   di.   fatto,   una   realtà   intimamente   latente   nelle   cose,   come   se   avesse
            costantemente   davanti   agli   occhi   l'immagine   del   paesaggio   presente   e,
            contemporaneamente, in cuore il nostalgico ricordo di un mondo, altrimenti perduto,
            che invece ha ancora la possibilità di sussistere per la capacità che lui, Giuliano, ha
            tuttora di tenerlo in mente; e non solo, ma di rendercene partecipi in Vernacolo
            Spotomese che è mediazione a lui congeniale, a livello di originaria matrice tellurica,
            popolare, creativa, oltre che unica, a soddisfare con efficacia la perenne essenza della
            terra e della gente ligure.
                  In   quest'ottica,   si   direbbe   che   Giuliano   ha   creato   una   lingua   icastica   ed
            affettuosa, che maschera i sentimenti in immagini prosastiche che, però a contatto con
            il fruitore dei versi, esplodono il loro contenuto sentimentale.




                                                                                             Ezio Viglione
                                                                                          10 gennaio 2012










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