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RICORDO DI SBARBARO



            In   occasione   del   50°   anniversario   della   scomparsa   di   Camillo
            Sbarbaro sono stato invitato dal Circolo socioculturale Pontorno a
            ricordare il poeta sotto l'aspetto dei suoi rapporti con il nostro paese,
            con i suoi abitanti, con la mia famiglia e con me.
            Non sono mai stato un interlocutore letterario del poeta; ho sempre
            pensato e so che lui avrebbe voluto essere ricordato per ciò che ha
            scritto  e  per   questo  ho  sempre  considerato   la  mia  testimonianza
            marginale, superflua, di qualche interesse solo sotto il profilo umano
            per   cui,   per   quanto   spesso   sollecitato   mi   sono   sempre   sottratto,
            temendo una sovraesposizione sgradita ad entrambi, a lui, così schivo
            e riservato e a me, che non posso parlare di lui senza parlare di me e
            della mia famiglia dato l'intreccio delle nostra vite.
            D'altro canto esistono su di lui biografie autorizzate dalla sorella o
            dalla famiglia che esauriscono il filone ufficiale della sua vita privata,
            alcune delle quali veramente esaustive e belle.
            Se oggi mi sono convinto a ripercorrere questa esperienza, è perchè
            sento di doverlo agli Spotornesi, prima di tutto, i quali sanno quanto
            io abbia voluto bene a Sbarbaro e alla sua famiglia, come lo abbia
            frequentato e, alla fine, anche curato, come medico, e poi al liceo
            classico   Chiabrera-Martini   di   Savona   che,   da  anni,   custodisce   la
            memoria di questo suo allievo attraverso l'interesse dei suoi bravi
            insegnanti (Guerrini, Amoretti, Ferro) e infine anche a coloro che
            hanno organizzato e animato il convegno di studi di quest'anno, in
            continuità   ideale   con   il   convegno   che,   in   qualità   di   sindaco   ho
            contribuito ad organizzare nel 1973.
            In Sbarbaro, com'è noto, il poeta e l'uomo erano inscindibili ed io ho
            potuto rendermene conto di persona essendo stato, dal 1951, uno dei
            suoi legami con la vita che lo circondava, il più modesto senz'altro, un
            famiglio,   un   nipotino   accessorio   e   posso   anche   testimoniare   che
            l'essere così riservato e schivo non gli ha impedito di temperare la sua
            solitudine con presenze collaudate, amicizie, frequentazioni che lo
            hanno accompagnato sino alla fine.
            Tracce di ciò si trovano non solo lungo il filo della conversazione
            tenuta il 13 gennaio 2018, che ho cercato di trascrivere, ma anche
            nelle cose che qui divulgo, a corredo della mia testimonianza, le quali
            sono il lascito casuale o meditato del poeta e della sua famiglia, della
            sorella Clelia anzitutto, Lina, che viveva in simbiosi con lui, e delle
            cugine Teresa e Ida Bacigalupo che mi hanno aiutato, insieme ad
            alcuni amici, ad accompagnare Lina nell'ultimo tratto della sua vita.
            Queste sono, in sintesi le ragioni che mi hanno convinto a raccontare
            e a lasciare traccia di quella conversazione, pubblicando anche alcune
            delle cose che mi sono rimaste, nelle quali riconosco la ricchezza di
            quest'uomo, straordinario maestro di vita, la sua mitezza, schermo di
            una   incrollabile   coerenza,   la   sua   rettitudine,   la   sua   sobrietà,   e

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