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fig.62   Acquaforte
                                                             di Gigetto Novaro
                                                             rappresentante
                                                             scorcio di Verezzi.















            Per   concludere,   come   peraltro   ho  già   detto,   lo  Sbarbaro   che   ho
            conosciuto io era una persona sostanzialmente serena, equilibrata,
            generosa; un uomo pacificato, riconciliato, per quanto fosse possibile,
            data la sua cultura e la sua sensibilità, con la vita.
            Certamente il suo “male di vivere” non ha mai cercato di farselo
            passare giocandosi la schedina del Totocalcio, come era abitudine per
            qualche noto premio Nobel, esclusivista della formula.
            Mi ha insegnato molte cose, se insegnare, come ha detto Plutarco, è
            come accendere un fuoco, nei ragazzi, e non come riempire un vaso.
            La coerenza, la sobrietà, la dignità, il valore e il senso ultimo delle
            parole, il loro peso, il suo amore per l'essenziale e il suo disprezzo per
            il superfluo, per lo spreco ; ancora oggi mi ritrovo a dire ai miei figli e
            nipoti le cose che ho imparato da lui: ”Non vi abbandonate a questo
            “usa e getta” forsennato, perchè oggi buttate via delle cose, domani
            butterete via delle opportunità, dei sentimenti, la parola data ecc”.
            Così   parlava,   come   scriveva,   non   c'era   bisogno   di   fare   tante
            chiacchiere, con verità, trasparenza, onestà.
            Credo di poter testimoniare che lui e la sua famiglia, quella che in
            vari tempi e modi ha vissuto a Spotorno, si sono trovati bene fra noi,
            circondati   dal   rispetto   e   dall'affetto   che   si   sono   guadagnati;
            specialmente in quella casa del Monte, dove tutti hanno partecipato
            alla sua vita e a quella di Lina e Benedetta con generosità e amicizia.
            Se fosse qui, direbbe grazie agli spotornesi, specie alle famiglie del
            Monte.
            Anche   noi   dobbiamo   sentire   il   dovere   di   ringraziarlo:   nessuno
            scriverà parole così belle sulla nostra natura, sui nostri ulivi, il nostro
            mare, la nostra terra, il nostro carattere.
            Lo ricorderemo con le parole con cui ha voluto congedarsi da noi;
            ”Ogni mattina attraversa il paese uno che dà a tutti il buongiorno,
            anche a quelli che vede per la prima volta, anche a quelli che non
            glielo rendono; ma sempre prima che all'adulto sorride al bambino
            ch'egli tiene per mano.
            E' vecchio, si muove tra ombre quasi sempre anonime, ed ogni saluto
            è un congedo.”
            Lo   ricorderemo   così,   gli   renderemo   il   saluto,   se   non   altrettanto
            poetico, altrettanto affettuoso.


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