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A proposito di sport e oltre: riflessioni un po’ amare… senza rinunciare
all’impegno ed alla speranza per qualcosa di meglio…
In Occidente, pare che sia rimasto tutto inalterato come se pandemia e guerra non
esistessero: salvo l'assurdo boicottaggio verso gli atleti russi. Quella del boicottaggio è
stata un'invenzione della guerra fredda, perché nel '36 nonostante che fosse evidente
come le Olimpiadi sarebbero servite a far da passerella al nazismo, fu fatto di tutto per
evitare defezioni e in quel senso si mosse Avery Brundage, responsabile del CIO per gli
USA che ottenne il risultato che poi non ci fossero evidenti discriminazioni razziali (ma i
tedeschi le esercitarono nella formazione della loro squadra e gli stessi USA nei
riguardi degli atleti di colore. Owens, al ritorno in patria, in occasione dei
festeggiamenti al Plaza di New York dovette passare dall'ingresso del personale di
servizio e non dalla porta principale). Come sempre, il mondo dello sport è
attraversato da contraddizioni. Notiamo tre tendenze: quella di una volontà di ritorno
del pubblico alla presenza diretta agli eventi in luogo della fruizione televisiva quale
esito del lockdown con espressioni di partecipazione esagerata spinte dai media
mainstream; quella dell'accentuazione delle esasperazione professionistica e della
specializzazione settoriale in tutte le discipline anche in quello meno praticate; quella
della crescita di una sorta di spirito imitativo dal basso che porta tutti a scimmiottare
l'iper-professionismo. Inoltre, domina la logica dell'evento e non della manifestazione
sportiva. Su quest'ultimo elemento, che è quello che ha portato i mondiali di calcio in
Qatar, credo si stia esercitando il massimo della visibilità dell'evento sportivo.
Sinceramente, ci sembra che pandemia e guerra non abbiano svolto funzioni
particolari rispetto allo sport nella logica "the show must go on". Insomma, rispetto ad
uno sport inteso quale sublimazione dello spettacolo ci pare che non si siano verificate
variazioni di rilievo, come del resto nella tendenza al consumismo individualistico (o
forse spettacolarizzazione dello sport e consumismo individualistico hanno la stessa
matrice, come altre forme di spettacolo: esempio la musica leggera, ridotta ad una
spettacolarizzazione esasperata). Viviamo tempi in cui “diventa normale fare
ragionamenti che non sono più ragionamenti e la logica non è molto apprezzata”. In
questo mondo rovesciato, restano le nostre passioni: quella di sportivi (in particolare in
quel di Marassi (in campi opposti), in un intreccio di ricordi storico-calcistici di
“memorabili e indimenticabili manifestazioni sportive”) e quella politica (nello stesso
campo) per un mondo un po’ più “raddrizzato”. E la Pace, prima di tutto, sempre.
Franco Astengo*
Bruno Marengo
* https://storiadelcalciosavonese.wordpress.com
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