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Ciao Fabrizio, cittadino del mondo


          di Bruno Marengo



          La notizia della scomparsa di Fabrizio De André, comunicatami da
          mia moglie Ornella (il primo regalo da"galante" che mi fece fu il
          disco che conteneva le canzoni “Il pescatore” di De André e
          “Marcia nuziale” di De André- Brassens) durante la cena, mi ha
          colto di sorpresa e, dapprima, l'ho quasi irrazionalmente rifiutata.
          Poi è giunta la telefonata di mio cugino Marino Santiglia. Ne
          abbiamo parlato con commozione, come si parla di un amico, di un
          compagno, di un fratello, che se ne è andato all'improvviso, quasi a
          tradimento. Per la nostra generazione, Fabrizio De André è stato il
          cantore del Miché, che s'impicca ad un chiodo perché non può dire
          di aver ammazzato per amore di Marì e non può stare vent'anni in
          prigione, lontano da lei; di Bocca di Rosa che mette l'amore sopra
          ogni cosa; del cialtronesco re Carlo Martello che, tornando dalla
          “storica   battaglia   di   Poitiers”,   s'imbatte   in   una   prostituta,   ne
          pretende le prestazioni e poi fugge a cavallo senza pagare; degli
          indiani del Sand Kreek. Ci ha insegnato a guardare con occhi
          diversi i caruggi e le creuze de ma. Ha riscoperto le ballate ed ha
          reinventato lo stile di Brel e di Brassens. Figlio della Genova bene
          eppure   innamorato   dell'anarchia,   pacifista   e   dissacrante,   ci   ha
          fornito   un'umana   e   sensibile   lente   d'ingrandimento   per   poter
          vedere meglio i problemi dei diversi e degli ultimi. Con la sua
          poesia, con la sua dolente e laica pietà per le vittime (persone,
          animali,   cose,   ambiente,   valori)   di   un   ordine   sostanzialmente
          violento,   ci   ha   indicato,   senza   il   velo   del   perbenismo   e
          dell'ipocrisia, territori ancora ignoti ed inesplorati, almeno per noi
          giovani d'allora.
          La sua arte ha trasformato crudi episodi di cronaca nera, come nel
          caso de “La canzone di Marinella”, in favole tristi e delicate.
          L’ultimo suo album “Anime salve” è dedicato agli zingari ed ai
          transessuali. E così abbiamo cantato “La guerra di Piero”, nei

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