Page 3 - libro cerutti casa
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Ricordi di casa mia in via Mazzini 24







                  Prima del buio che sta arrivando, dopo che la lunga vita

            che Dio mi ha concesso e prima che la memoria cancelli ogni

            ricordo, ripenso ai primi anni della mia vita, quando a Spotorno
            si poteva ancora giocare alle biglie, al "cin cin fiaschin", alla

            cavardua" (trottola) nel bel mezzo della strada il cui selciato,
            era composto dallo scarto della calce delle fornaci.


                  E'   un   pezzetto   di   Spotorno,   della   mia   vita,   della   mia

            storia.  É  un angolo di  paese, incredibilmente rimasto intatto
            come diversi anni fa.  Ė  un tratto di via  Mazzini dove abitavo

            (1936-1966) al n°24.

                  Nell'intricato dedalo dei vicoli, la luce obliqua del sole,

            metteva in risalto il profilo delle case, si vedeva l'azzurro del

            cielo, tra un tetto e l'altro: si passava dal misterioso silenzio
            dei vicoli alla certezza della luce. Poi il sole alzandosi, riusciva

            a  baciare con i suoi raggi, gli ultimi piani delle case fino al
            pomeriggio   inoltrato.  Dopo,   sembrava   volesse   illuminare   gli

            angoli in ombra, ed erano molti, perché gli archivolti venivano
            rischiarati soltanto da un lato  quello ad ovest.
                                                      .
                  Quando pioveva, invece, gli archivolti servivano da sosta per

            ripararsi dalla  pioggia.Col vento da nord, passando a ridosso

            delle case, ci si bagnava poco, però bastava una grondaia rotta
            che   subito   gli   spruzzi   interrompevano   il   tragitto   e   c'era   il

            rischio di mettere i piedi in una pozzanghera che si formavano

            nella strada non asfaltata.

                  Dove abitavo, era una casa molto grande su due piani, oltre

            il terreno. Un orto di mille metri che arrivava fino alla ferrovia
            (oggi   c'è   la   tangenziale   e   il   cinema  Ariston)   e   l'uliveto   in

            località Necchiazze. L'orto era munito di un pozzo e di una

            pompa per l'acqua e due vasche unite per lavare i panni.
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