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Dal 1973 l'interesse per Sbarbaro e la sua opera è considerevolmente
            aumentato,   non   solo   per   i   successivi   convegni   organizzati   dal
            Comune di Spotorno con la collaborazione del Centro studi intitolato
            al poeta e focalizzati, volta a volta, sul lichenologo, sul poeta, sul
            prosatore, sul traduttore, ma per una generale riconsiderazione.
            Io   stesso,   per   quanto   ormai   completamente   assorbito   dalla   mia
            professione, sono stato spesso coinvolto; dopo quel convegno l'ing.
            Fernando Galardi, amico e fotograto di Millo, aveva organizzato un
            convegno a Genova e mi aveva richiesto parte delle cose che ho per
            ricostruire quella famosa saletta di casa Sbarbaro (una volta aveva
            accompagnato a casa mia una studiosa   canadese di Millo e poi
            l'aveva condotta la cimitero).
            Artisti savonesi, professori del liceo Chiabrera-Martini, amici del
            poeta, hanno spesso sollecitato una mia testimonianza su Sbarbaro,
            identificato nel poeta che si è voluto cristallizzare ai tempi della sua
            “stagione   all'inferno”,   quando   girava   in   “sottoripa   “a   Genova   o
            portava a casa sua Dino Campana, del quale la Lina una volta mi ha
            detto che ”aveva in testa più pidocchi   che capelli”, mentre io l'ho
            conosciuto in una stagione più serena e pacata; ancora 2-3 anni fa un
            professore di botanica mi ha chiesto se Sbarbaro disponesse di un
            microscopio;   gli   ho   risposto   che,   se   l'avesse   posseduto,   sarebbe
            rimasto certamente a me, il che non è accaduto.
            Le ragioni che mi hanno sempre trattenuto le ho dette.
            Ho ceduto una sola volta, nel 1995, quando con il prof. Mantero
            abbiamo dedicato alle “Mani di Sbarbaro” un numero di Manovre,
            una rivista  di tipo antropologico che dirigevamo.(fig.53)
























            fig.53   Il   prof.  Renzo   Mantero,  mio   primario,   oltre   agli   interessi
            chirurgici che gli sono valsi una illustre carriera, è sempre stato al
            centro  di interessi antropologici ed artistici. Ha amato Sbarbaro  e
            hanno avuto una breve corrispondenza.

            Mantero aveva conosciuto Sbarbaro ai tempi del ricovero della Lina;
            lo avevo poi portato una volta a casa sua, lo amava molto, così ho
            concesso   un   pò   del   materiale   che   avevo,   selezionato   dal   prof.
            Umberto Albini, un grecista che amava il poeta e mi diceva che
            nessuno avrebbe mai più tradotto “Il Ciclope” come l'aveva tradotto
            lui, cioè meravigliosamente.

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