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Con mio figlio Carlo, che ha ereditato la “patente genoana del nonno”, parliamo
       spesso del Genoa che fu, come facevo con mio padre: lo scudetto da Far West di
       Arpinati e dei suoi sgherri neri (la stella ingiustamente perduta del decimo scudetto), i
       boati della Nord, “el filtrador” Stabile, De Vecchi “il figlio di Dio”, Levratto sfondatore
       di reti, la fuga “dell’atomico” Boyè, la vittoria per 3-1, nel 1956-ultima giornata di
       campionato, sull’invitta Fiorentina di Montuori, Virgili, Julinho, che quell’anno vinse lo
       scudetto. I due gol di Di Pietro detto Marinho (uno di tacco) in un derby (con Giuanin
       Cerutti furibondo, Di Pietro poi non segnò più, corse persino voce che quello vero fosse
       un altro), quello su punizione di Branco sempre in un derby. Abbadie “El pardo” (il
       “bruno”), Gren “il professore”, u “Carappa” dal dribbling facile, la “farfalla” Meroni (i
       tifosi assediarono la Sede del Genoa quando venne ceduto al Torino), Pruzzo “o rei de
       Crocefieschi”, “Garben Custer”, il bombardiere Barison (quando “partiva” col pallone
       sulla   fascia,   una   anziana   tifosa   suonava   la   carica   con   una   tromba,   poi   urlava:
       “Barisooooooooo!!!!!!!”),   Speggiorin   (lo   citava   sempre   mio   padre),   Torrente   e
       Gennarino Ruotolo i lottatori, Eranio e Bortolazzi molto tecnici, Nappi l’estroso, la
       sconfitta con il Montevarchi, il gol di Skuhravy all’Oviedo al 90° minuto! Le “avventure”
       dei due Presidenti: u sciô Renzo e u sciô Aldo (che volevano costituire un “triunvirato di
       cinque   esperti”   nella   trattativa   per   il   passaggio   di   proprietà   del   Genoa).   Quelle
       fantasmagoriche de “O Presidente” Preziosi, le sue “marachelle” (illecito sportivo e
       serie C, il “regalo” -mancanza licenza Uefa- alla Sampdoria dell’Europa League nel
       2015, ecc.), le sue “proditorie” cessioni di tanti assi (ma nel Genoa capitava anche
       prima:   Meroni,   Speggiorin,   Pruzzo,   Nela,  Panucci   di   Savona,   Eranio,   Fontolan,
       Fortunato e tanti altri. Il presidente, mai dimenticato, Fossati era solito rispondere ai
       giornalisti: “Non abbiamo mica il portafoglio della Giuventus!”). I giornalisti rossoblù
       Vittorio Sirianni e Pinuccio Brenzini. L’inno  di Campodonico e Reverberi, Il “capitano”
       Signorini, Ramòn Turone da Varazze, il professor Scoglio, il gran bel Genoa di Osvaldo
       Bagnoli (Gianni Brera lo chiamava “Schopenhauer”, il filosofo del pessimismo), del
       Pato, di Marco Rossi (in serie A, B e C), di Milito (l’arte del tango applicata al calcio) e
       Stellone, di Gasperson, la vittoria sul Liverpool ad Anfield, Frank Sinatra genoano e
       forse anche Gilberto Govi, Edoardo Sanguineti che dedica delle poesie al Genoa, Gianni
       Brera  il  grande   giornalista  (definiva  amorevolmente,  da  tifoso,  il  Genoa come  il
       “vecchio balordo”), Enzo Tortora genoano della Domenica Sportiva, Claudio G. Fava
       genoano dai “grandi talenti”, Vittorio Gassman, Enrico Calindri, Lina Volonghi. La
       promozione in serie A del Genoa di Cosmi (dal “carattere genoano”) e Spinelli. Pippo
       Spagnolo il “patriarca” (“avete la fortuna di essere genoani e volete anche vincere?”),
       don Andrea Gallo (un caro amico genoanissimo), Fulvio Cerofolini (“u scindicu”, un
       altro caro amico genoano), l’avvocato del Genoa Alfredo Biondi (brillante nel ricordare
       aneddoti), l’urlo del grande Porcella (“Ciao Albinoleffe, ciao Licata… Voluta! Agognata!
       Stravinta! Battuta la maledetta sfiga!!! E’ così!!! E’ così!!!”) e via evocando. E un caro
       pensiero   all’amato   Presidente   Sandro   Pertini   che   tifava   per   il   Genoa   ed   era   un
       appassionato di calcio (lo ricordiamo festante nello stadio “Santiago Bernabeu” di
       Madrid per l’Italia di Bearzot, campione del mondo 1982).


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