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arrivavano sino al sagrato della chiesa dove
stavano giocando alcuni ragazzini, figli d’immi-
grati, che non sapendo dove andare continuavano
a vivacchiare in paese. Aspettavano l’ora del
doposcuola che don Lupo aveva organizzato nei
locali della parrocchia.
«Che fa, don Lupo, canta?», i ragazzini
ridevano.
Finiti i canti, si sedettero su una panca del giar-
dinetto della canonica.
Poi, cominciarono a parlare di cantanti e di
canzoni e del rischio della guerra imminente.
«Il Papa, dal suo pulpito, ha lanciato un grande
messaggio di pace. E’ oggi la più grande autorità
morale capace di parlare con parti importanti del-
l’umanità e tenere aperto un dialogo con tutti…»,
fece il segretario del vescovo.
«E’ vero e io gli sono riconoscente, se indosso
ancora questa veste è per le parole che ha saputo
dire al mondo, però dobbiamo considerarlo un’au-
torità assoluta? I suoi atti e le sue opinioni sulla
condizione delle donne, sugli omosessuali, sul
nostro celibato, sulla castità, sono tutti accettabili
ed indiscutibili? E tutti questi santi e beati in con-
tinuo aumento?», don Lupo pensava a voce alta.
«Non credo si possa, o meglio noi preti non
possiamo prendere del pensiero del Papa solo
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