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III
Nel bar Trocadero, quella sera, c’erano tutti.
Chi giocava a biliardo, chi a carte, chi chiac-
chierava sorseggiando una birra o mangiando una
pizza. Monica, che serviva ai tavoli, si divertiva a
stuzzicare ora un po’ uno ora un po’ l’altro: «Col
cavolo che io resto qui a farmi inghiottire dal
mare. Ho già ricevuto un’offerta per un lavoro in
montagna». Era giovane ed attraente e quando
passava tra i tavoli i clienti se la mangiavano con
gli occhi. Qualcuno allungava anche le mani ma
lei sapeva tenerli a bada. Si diceva che avesse una
storia con uno che ogni tanto compariva nel bar.
Da un po’ di tempo, però, non si vedeva.
«In montagna? Vedrai che è come per il caffè:
la fusta ci guadagna», uno spilungone aveva fatto
la battuta tirando un colpo di stecca al biliardo.
«Ci guadagno sì, intanto non vedrò più cretini
come te», Monica faceva boccacce.
Ridevano tutti, poi cominciarono il solito gioco
delle rime:
«Giocatore di stecca non ne becca».
«Chi gioca a tresette non tocca né topa né
tette».«Il mare sale, la gente si lagna e la Monica
va in montagna».
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