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          vocato che teneva i contatti con il governo in
          merito al decreto omnibus. Ovviamente, non s’era
          parlato dello sgombero del paese e cose simili. Il
          tema era stato, ancora una volta, quello dei finan-
          ziamenti pubblici per aprire nuove imprese alber-
          ghiero-commerciali-artigianali in località di mon-
          tagna o in città del nord.

             Erano volate parole grosse ed a stento si era
          evitata una rissa gigantesca. Tutti volevano di più
          e, purtroppo, il decreto prevedeva un tetto di
          spesa. A dir la verità, di soldi ce n’erano più che a
          sufficienza ma, si sa, l’avidità cresce a dismisura
          proprio quando c’è l’abbondanza. I problemi
          nascevano perché le situazioni erano, in molti
          casi, diverse ed il decreto prevedeva un minimo di
          parametri che spostavano un po’ di quattrini da un
          caso all’altro.

             Il povero avvocato se l’era vista brutta, quando
          aveva dovuto spiegare che nei cospicui contributi
          pubblici c’erano due quote: una che rimborsava il
          valore del bene sommerso dal mare ed un’altra
          che avrebbe consentito l’inizio di una nuova
          attività. I beni che erano abbandonati, per quel che
          ormai valevano, dovevano passare al demanio
          pubblico, se si usufruiva dell’indennizzo.

             «Ma scherziamo? E se poi il mare si ritira? Non
          se ne parla neanche!», aveva urlato un’alberga-

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