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ringrazio la vita che ha concesso a me e alla mia famiglia la sua
amicizia; in esse riscopro ogni volta le ragioni del mio affetto e della
mia riconoscenza e anche sfumature di un microcosmo da lui abitato
senza disagio.
In conclusione, vorrei che questo modesto lavoro fosse considerato un
gesto d'amore all'uomo e anche a quel mondo di amici che gli ha reso
più leggera e sopportabile l'esistenza, un modo per far riemergere
sentimenti, frammenti di vita, piccole cose sopravissute per diverse
ragioni, trovate per caso in uno scatolone che la Lina mi aveva
invitato a rovistare, prima di gettare via, subito dopo la morte del
fratello, oppure cose che hanno avuto un senso per me e la mia
famiglia, vere riserve affettive, oppure ancora conservate con
devozione e consegnatemi dalla famiglia Bacigalupo per stima,
confidenza, riservatezza, gratitudine.
Penso che siano cose belle e preziose, meritevoli di essere note, che
mi valgano la comprensione e il perdono degli amici e sopratutto il
suo, un uomo che non manco mai di ricordare con deferenza ogni
sera.
Il mio incontro con Sbarbaro non è stato casuale, mia mamma infatti,
nata nel 1910 in via Garibaldi, a fianco della casa dei conti Novaro,
abitava da bambina proprio di fronte alla casa dei Bacigalupo, e la zia
di Camillo, la Beppina ( Giuseppina), le aveva insegnato a stirare
molto bene, tanto che mia mamma farà la stiratrice di mestiere e
aprirà una stireria in quella che è ora via xxv Aprile.(fig.1)
fig.1
Mia mamma, An-
tonietta “Tina”
Fazio Bertolotti,
con la giovane
Rosita Cerisola
Saccone, nei pri-
mi anni 30, sulla
porta della sua
stireria.
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