Page 8 - ricordi di sbarbaro-3
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Ho conosciuto Sbarbaro nel 1951, avevo 12 anni.
La Luigia, sua zia, molto amica dei miei genitori (il marito Pellegro
aveva forse aiutato mio padre, nel 1923-24, ad imbarcarsi come
fuochista di bordo per poi sbarcare, nel 1925, clandestinamente in
America), aveva loro raccomandato di mandare mia sorella e me a
ripetizione dal nipote “professore”, “perchè era bravissimo e aveva
bisogno..”.
Mia sorella ed io abbiamo cominciato ad andare da lui; facevamo
qualche traduzione di latino, ripetevamo delle regole.
Mia sorella era brava a scuola e faceva le magistrali, io ero un discolo
impenitente, cresciuto in strada; andavo da lui dopo aver giocato a
pallone nel campetto dell'Esperia, proprio sotto la sua casa, tutto
sudato, con un quadernetto nero sgualcito..
Mi diceva che mi aveva visto giocare, che sentiva che mi
chiamavano, ripetevamo le declinazioni, traducevamo qualche favola
di Fedro.
La mia disinvolta ignoranza lo divertiva, qualche volta gli strappava
anche delle risatine. Mi guardava con comprensione e tenerezza,
come mia nonna “Cateinin”, (qui, allora,eravamo tutti figli o nipoti di
qualche Cateinin, Cichinin, Marinin, Bedin) come a dire: ”Chissà
cosa ti aspetta, povero bambino!”) La Marinin, la zia, l'avrò vista due
o tre volte; veniva ad aprirmi la Lina e la Marinin si affacciava dalla
cucina a vedere chi era arrivato, mentre la Lina chiamava
Millo:”Millo, c'è Piero”.
Parlavamo in dialetto,abbiamo sempre parlato in dialetto, non ho mai
visto soldi, né so che qualche altro ragazzo abbia pagato; mia mamma
ogni tanto mi mandava su con un pacco di pasta, olio, zucchero ecc..
Allora,oltre a mia sorella e me, andava da lui anche la Germana
Ferretti, che ne ha conservato uno splendido ricordo.
Fig.8 Paziente,simpatico, alla
mano; sdrammatizzava e co-
minciava a infilarti nella testa
delle regole: “In latino, il ver-
bo è sempre in fondo.”
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