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gli orecchi che li sanno intendere. Nella notte, poi: come
           vivono, nella notte! Scoppi di risa e di pianto, del tono
           smorzato di quelli che s'odono in sogno: grida di donne

           nelle doglie del parto, vagiti di bimbi appena venuti al
           mondo negli ampi letti di noce che tanti della famiglia ne
           videro nascere: rude conversare fra padri già vecchi e figli

           già uomini fatti, legati insieme col doppio filo del sangue e
           degli   interessi:   canzoni   e   confidenze   di   ragazze   dalla
           giovinezza   breve,   rapidamente   trasformata   in   robusta

           maturità dalle nozze prolifiche e dalle cure domestiche.
           Esistenze scomparse. Ma d'esse, qui dentro, è rimasta, per
           sempre, la vibrazione vitale: le muraglie – piú fedeli dei

           nipoti  e pronipoti  – la mantengono, la prolungano nel
           tempo.

              Grandi   quadri   bituminosi   coprono   d'ombre   fisse   e
           regolari   il   bianco   della   calce:   vetuste   tele   ad   olio,   di
           soggetto sacro nelle camere, marinaro nelle altre stanze:
           adatte a decorarle senza alterarne il carattere. La sala che

           ora serve da studio ne contiene quattro, che si fronteggiano
           fra panoplie di fucili e di sciabole corrose dalla ruggine:

           tutt'e quattro d'ugual dimensione, cornice, fattura. Marine e
           cieli d'un verde sporco, nuvole temporalesche riflesse nelle
           acque con effetti di piombaggine, rive scoscese, castelli

           turriti negli sfondi: presso le coste, brigantini a vela che
           richiamano  alla  mente  storie  di  navigli   barbareschi,  di



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