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A Spotorno, andavo con mia zia Maria e le mie cugine Puccy, Lilly e Gabriella, al Bar Excelsior, gestito da Rita
e Checco Bruzzone, per vedere i programmi televisivi. Nel 1956 un apparecchio tv costava circa 160.000 lire,
quattro volte lo stipendio medio di un operaio, in più c’era l’abbonamento che ammontava a 12.500 lire. Pochi
si potevano permettere tali spese, allora si andava, in gran numero, al bar per vedere “Lascia o raddoppia?”. Era
un seguitissimo programma a quiz condotto da Mike Bongiorno. C’era anche chi si portava la sedia da casa per
non restare in piedi. Il giovedì sera, i bar si trasformavano in piccole sale cinematografiche dove si consumava
un caffè, una gassosa (magari in due), un’orzata, un gelato, un bicchiere di vino. Checco, in occasioni speciali,
stappava delle bottiglie di spumante che offriva alla clientela.
Anche i cinema si erano attrezzati di conseguenza collocando grandi apparecchi tv davanti allo schermo per
poter trasmettere il seguitissimo programma televisivo.
Ricordo la sera del 26 luglio 1956, al Bar Excelsior, quando ascoltammo dal telegiornale le notizie
sull’affondamento. Dopo la chiusura del bar, si formò, di fronte alla drogheria della Ginetta, un assembramento
di persone intente a parlare di quel tragico evento. A bordo dell’Andrea Doria c’era una spotornese, Pietrina
Frassino Prato, che era partita da Genova per raggiungere dei parenti in America. Era stata accompagnata in
nave sino a Napoli dalla figlia Tilde e dal genero Ettore Canepa. C’era preoccupazione sulla sua sorte, poi
arrivarono notizie rassicuranti dopo giorni di ansia: si era salvata, raccolta dallo Stockholm. In tutti, il dolore
per quella tragedia.
Mio padre, Gerolamo, mio zio Giovanni, Nanni Baglietto e Giuliano Cerutti, che suonavano insieme in
orchestra, decisero di sospendere una serata danzante in segno di lutto.
In quei giorni, andavo nella bottega di barbiere di Andrea Canepa, padre del mio amico Ino “Turbine”, ad
ascoltare alla radio le notizie del Tour de France. Fausto Coppi non aveva potuto gareggiare a causa di un
precedente infortunio, allora facevamo il tifo per Nino Defilippis, el Cit. Patrizio Balbontin, il nostro amico
spagnolo, tifava per Federico Bahamontes, un grande scalatore. Eravamo in molti stipati in quella piccola
bottega. I più anziani parlavano di ciclismo ma anche di politica sentendo le notizie diffuse dalla radio. La Nato,
la stipulazione del “Patto di Varsavia”, la nazionalizzazione del Canale di Suez da parte di Nasser, il rischio di
una nuova guerra. Ma l’argomento principe era la tragedia dell’Andrea Doria: l’avventura della nostra
concittadina Pietrina Prato, la storia del “miracolo” di una ragazzina di 14 anni, Linda Morgan, che atterrò su un
pezzo di metallo dello Stockholm mentre si “ritirava” dopo la collisione e così si salvò. La storia della sua
famiglia e del marinaio spagnolo apolide, Garcia Polanco, che le aveva prestato i primi soccorsi.
Con il passare dei giorni e la diffusione delle accuse, avanzate al Capitano Calamai per tutelare certi “interessi
economici poco limpidi” come emerse successivamente, crebbe l’indignazione e la solidarietà nei suoi
confronti. Era giustamente visto come una valida espressione della tradizione marinara ligure. Allo scoppio
del secondo conflitto mondiale, era stato richiamato alle armi con il grado di capitano di
corvetta di complemento. La notte dell’11 novembre 1940, si mise in luce per il salvataggio di alcuni marinai,
compiuto a bordo della corazzata Caio Duilio, colpita nel corso dell’attacco aeronavale inglese della base
navale di Taranto, meritando una seconda croce di guerra.
Il relitto dell'Andrea Doria, mai recuperato, giace posato sul fianco di dritta a una profondità di 75 metri.
Testimone di una tragica vicenda che ebbe un grande rilievo sui media. Fu l'ultimo grande transatlantico a
naufragare prima che l'aereo si imponesse come mezzo di trasporto passeggeri per le traversate dell'oceano
Atlantico, chiudendo un’epoca quasi leggendaria.
Pinuccio ha dedicato questa sua nuova ricerca al padre Giovanni, un marinaio che ha trascorso tanta parte della
sua vita in mare: prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale. Anni difficilissimi in cui ha corso rischi di
ogni tipo tra privazioni, siluramenti, naufragi, attività di sminamento del mare. Anni descritti in tutti i particolari
dal nostro prezioso storico Giuliano Cerutti, con la consulenza di Pinuccio e Enrico Bausone, nel suo libro
“Bombe e pane nero”.
E qui si ferma il mio “racconto” su questa pagina triste di storia della marineria che ho cercato di presentare
ricordando tempi lontani e facendo un po’ di ricerca su “Wikipedia”. Il “racconto” non sarebbe compiuto senza
la “chiusa” dedicata all’autore.
Quante cose interessanti, quante “invenzioni” ci propone e ci ha proposto Pinuccio nella sua continua ricerca
che spazia un po’ in tutti i campi. Ricerca intrapresa, quasi sommessamente (salvo qualche “saetta”), nel suo
“covo” dei Bagni Rosita, il piccolo e grande mondo culturale di “Pontorno”, frequentato da amici che lo aiutano
a “inventare”, a ricercare, a proporre sempre nuove creazioni. In tanti anni di collaborazione, ho appreso molto
da lui e, prima o poi, dovevo pur dirglielo. Questa è una buona occasione. Il Circolo Socio Culturale
“Pontorno”, pubblicando questo libro, prosegue nella sua tradizione che, nel tempo, ha regalato alla nostra
Comunità importanti opere e preziosi momenti culturali e sociali. Dobbiamo esserne riconoscenti. Grazie
Pinuccio, grazie “Pontorno”. Un grazie anche a Giuliano Cerutti, un maestro, che ci ha insegnato a scavare
nella memoria, a fare ricerca, a pubblicarne i risultati.