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Umberto Saba scrisse Cinque poesie per il gioco del calcio, inserite poi nella sezione
del Canzoniere intitolata Parole [1933-34]. Il giovane Umberto si avvicinò a questo
sport quasi per caso, dopo aver ricevuto da un amico il biglietto per una partita della
Triestina; più che le dinamiche tattiche o la fama degli atleti, l'attenzione del poeta si
concentrò sulle emozioni umane e le reazioni psicologiche degli eventi di gioco, in
linea con la tematica introspettiva ed analitica propria della sua produzione poetica.
La lirica Goal è emblematica di questo atteggiamento ed in questi versi è possibile
ritrovare molti temi cari alla produzione sabiana. Come sempre il poeta triestino si
divide tra gioia e dolore, solitudine e condivisione. In questo caso la sofferenza del
portiere battuto sta tutta rinchiusa all'interno, in una sofferenza incondivisibile ed
inconsolabile, nonostante la mano del compagno che lo smuove e "scopre pieni di
lacrime i suoi occhi". Fa da contraltare il portiere avversario, festante per la segnatura
e desideroso di di gioire insieme ai compagni ed alla folla esultante, "Della festa - egli
dice - anch'io son parte". Soli nella tristezza ed in compagnia nei momenti di gloria,
metafora non solo del calcio antico e moderno, ma forse di tutta l'esistenza. In un'altra
delle cinque poesie Saba dedica dei versi ai tifosi di Padova dove lui e la figlia erano
andati a seguire la Triestina in trasferta. I padroni di casa offrirono un mazzo di fiori
alla bambina, nonostante avessero riconosciuto nei due degli "avversari"; galanteria
d'altri tempi, è proprio il caso di dirlo.
Pier Paolo Pasolini ha amato tanto il calcio, sport praticato fin dalla sua infanzia,
considerato dall'autore corsaro sanamente popolare, vissuto quasi come un rito
collettivo da condividere con la propria comunità. In un'intervista l'autore friulano, con
la sua solita carica dissacrante, celebrerà questo sport innalzandolo a livelli quasi sacri
ed artistici:
«Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se
è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il
calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro»
Nel marzo del 1975 Pasolini stava girando Salò e le centoventi giornate di Sodoma
nella provincia di Mantova, non molto lontano da dove Bertolucci era intento a
dirigere Novecento. Il 16 marzo, giorno del compleanno di quest'ultimo, le due
compagnie fermarono i lavori per dare vita ad una partita vinta per 5-2 dallo
schieramento di Novecento e che vide un appassionato Pasolini abbandonare il campo
perché i compagni più bravi di lui lo lasciavano ai margini del gioco. In un celebre
saggio Pasolini spiegherà le differenze tra gli stili calcistici, dividendo i giocatori tra
poeti e prosatori, a seconda che prevalga l'estro o lo schematismo, il dribbling o le
triangolazioni, concludendo che i brasiliani (ed i sudamericani in genere) sono i poeti
del calcio, mentre italiani ed europei lo praticano da prosatori
(Testo pubblicato da “Libri, cinema, arte, cultura e società”)
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