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Uno sfilacciamento morale e culturale che incide sulla vita quotidiana e pure sulle
       espressioni della politica, sull’idea di comunità.
       Non ci sono più spazi per l’appartenenza a precisi, anche se diversi, filoni di pensiero
       da confrontare in dibattiti seriamente appassionati.
       Non c’è più metafora: quello che accade sui campi di calcio è lo specchio di ciò che
       avviene giorno per giorno in una progressiva mimetizzazione collettiva al ribasso.



       Il 29/12/2018 siamo andati tutti a vedere Genoa Fiorentina (con me, i miei figli Carlo
       e Mario e i nipotini Manrico e Ettore).

       Finalmente   una   bella   giornata   di   sport   anche   se   il   Genoa   ha   solo   pareggiato,
       rischiando di perdere, (basti pensare che il migliore in campo del Genoa è stato il
       portiere Radu) contro una Fiorentina che se l’è giocata meglio (due clamorosi pali). Mi
       ha fatto piacere vedere i miei nipotini tutti presi in un tifo corale di tutto lo stadio che
       non ha avuto sbavature o cadute grevi. Ci sono stati gli applausi, condivisi da tutto il
       pubblico, per il capitano della Fiorentina Astori, prematuramente scomparso. Nella
       Nord è apparso uno striscione in ricordo di Millo Parodi, presidente del Genoa Club
       Bonilauri di Sestri, scomparso due giorni prima. Grandi applausi e commozione quando
       i giocatori hanno deposto un mazzo di fiori sul prato per ricordarlo. Millo Parodi fu tra
       gli organizzatori di 19 pullman per seguire il Genoa nello sfortunato spareggio di
       Firenze col Padova nel 1995. Vedendo la sua foto, pubblicata dal Secolo XIX, mi è parso
       di riconoscerlo. Chissà che non ci siamo incontrati in tanti “anni di Genoa”. A volte, mi
       capita di vedere allo stadio delle persone che mi sembra di conoscere, ci salutiamo con
       un cenno del capo, cercando di ricordare una qualche partita magari seguita stando
       seduti vicino, una battuta scambiata entrando o uscendo dallo stadio. Quello che non
       si deve perdere di ciò che dà al calcio un che di favolistico è la possibilità di entrare in
       relazione tra persone che non si sono mai viste prima; è lo stare pacificamente insieme
       a   vedere   una   partita   di   calcio   tra   comuni   “incazzature”,   entusiasmi,   sconforti,
       “psicodrammi”. E’ quello che deve cercare di capire, e cercare di preservare, chi
       “comanda” nel calcio.

       Quando nel maxi schermo dello stadio è apparso il risultato di Juventus Sampdoria 2-1
       non ci sono stati applausi (la Sampdoria ha “subito” un VAR). Ho trepidato molto
       vedendo la partita (VAR-rischio rigore- da brivido), mi sarebbe dispiaciuto moltissimo,
       pensando ai miei nipotini e al loro tifo (alla fine erano senza voce), se il Genoa avesse
       perso.
       Siamo tornati a casa in un treno colmo di genoani. Prima discussioni sul clima di
       violenza che aleggia anche nel calcio, poi sulle possibili cessioni (più che probabili) da
       parte de “O Presidente”, sul rischio di retrocessione. Infine, i ricordi. Da “anziano”, mi
       sono speso: “Ho visto giocare Verdeal…”. Un signore seduto davanti a me: “Io parto da
       Abbadie…”, un altro: “Eh… io arrivo dopo…”. I miei nipotini ascoltavano curiosi.


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