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me, l’evacuazione del paese è oggi inevitabile
salvo che non avvengano repentini, quanto impre-
vedibili, mutamenti nel comportamento del mare.
Ci vorrebbe un miracolo. In quanto al porto, ho
già avuto modo di dire, confortato in questo da
precisi studi, che ci sarebbe stata un’erosione
certa della spiaggia. Sinora non sono stato molto
ascoltato e si è preferito andare avanti con la pro-
gettazione. E’ ovvio che ora, con l’innalzamento
del livello del mare, è inutile parlare di porto ma,
anche se le cose dovessero cambiare e il mare si
ritirasse, quel progetto, a mio avviso, provoche-
rebbe solo danni». Si udì un lungo brusio rotto
dalle parole dello studente-bagnino che ringraziò
il professore. Il Trombetta sbuffava.
Subito dopo, presero la parola anche don Lupo
e Tugnin. L’uno pronunciò una filippica contro il
modo dissennato di produrre delle industrie del
mondo che provocava l’effetto serra, poi chiese
garanzie per la povera gente, l’altro disse sempli-
cemente che erano anni che si era accorto del
mare in crescita e che, per questo, tutti lo conside-
ravano un pò fissato.
«Professore lo sa che le autorità di questo paese
non mi hanno dato retta? Hanno sempre avuto il
prosciutto davanti agli occhi anche quando il mare
gli bagnava le chiappe», fece puntando il dito
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