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Ada Negri amareggiandola, ma che erano anche espressione della
crescente antipatia verso la massima istituzione culturale del regime,
l’Accademia d’Italia(1).
Il fascismo della Negri, motivo del suo ingiustificato oblio nel
secondo dopoguerra, fu peculiare: esso fu il risultato di una
convergenza tra sentimenti di schietta e leale amicizia e riconoscenza
verso chi l’aveva aiutata in momenti difficili (leggasi Sarfatti), e
condivisione su tematiche sociali di uguaglianza, giustizia ed
emancipazione femminile che credette si potessero realizzare con
una politica rivoluzionaria. E’ in virtù di questa “fratellanza di
ideali” e di sinceri rapporti di amicizia che Ada Negri tenne rapporti
amicali anche con persone trasversali al regime.
Negli anni della guerra la vita di Ada Negri fu permeata da un
profondo pessimismo; segnata dalla sofferenza, dalla solitudine e da
una ritrovata profonda vocazione religiosa, la scrittrice si ripiegò su
se stessa. Aprì gli occhi forse troppo tardi su ciò che era la deriva del
fascismo, sulle leggi razziali che colpirono anche la stessa Sarfatti, e
sulla strumentalizzazione che era stata fatta del suo lavoro di
poetessa e scrittrice.
Morì a Milano l’11 gennaio 1945. Sepolta nel Famedio del
Cimitero Monumentale di Milano, fu traslata nel 1976 a Lodi, sua
città natale, nella antica Chiesa di San Francesco.
(1) La Reale Accademia d’Italia è stata la massima istituzione culturale,
operante dal 1929 al 1944, fondata dal regime fascista per promuovere il sapere
italiano nel campo delle scienze, lettere, arti. Con la sua soppressione, le funzioni
culturali e il patrimonio passarono alla ricostituita Accademia dei Lincei.
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