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Come già facevano altri spotornesi anche noi per la prima volta decidemmo
di andare nelle terre padane per fare scorta di viveri e risparmiare. Messo il
poco ricavato di quella stagione di albicocche in tasche appositamente cucite
e nascoste all’interno degli indumenti più intimi, mia madre ed io partimmo.
Eravamo con altre quattro spotornesi, già esperte di tali viaggi. Con il treno
arrivammo sino a Voghera e da lì proseguimmo a piedi per Casteggio,
Torrazza Coste, … da una cascinale all’altro cercando di acquistare farina,
polenta, riso. Ricordo di una notte passata nella parte superiore di un fienile
nel quale sostò, sotto di noi, una ronda di camicie nere. Quasi non
respiravamo per evitare qualsiasi minimo rumore e non rischiare di essere
scoperte. Era solo l’inizio dell’incubo.
Cariche di due sacchi ciascuna, mia madre ed io, sempre a piedi tornammo
alla stazione di Voghera.
In prima linea, in questa lotta quotidiana ci sono le
donne: fronteggiare la fame diventa infatti
l'occupazione principale di madri e mogli che
intraprendono «viaggi lunghi, quasi infiniti» dai
paesi verso le campagne dell'interno, ma anche verso
quelle del Basso Padano, alla disperata ricerca di
qualcosa da mettere sotto i denti. Il tutto mentre
imperversa, quasi ovunque, la borsa nera che da
semplice elemento integrativo delle forniture
alimentari distribuite dal regime, diventa una prassi
abituale e un fenomeno di massa cui si rivolge una
quota sempre più consistente di popolazione.
I genovesi, molti erano uomini, carichi all’inverosimile e altrettanto
prepotenti, gettando i loro sacchi a terra fecero crollare la vetrata della
stazione. Intervenne la polizia o chi per essa e nel tafferuglio che ne seguì ci
trovammo tutti all’esterno sui binari: gli uomini in parte volatilizzati per
paura di retate e lì affrontammo la sera e poi la notte in attesa di un treno.
Non ricordo bene se arrivò nelle prime ore della notte o all’alba successiva.
Fu preso d’assalto. Si saliva con ogni mezzo, dai finestrini si gettavano
dentro i sacchi. Io, piccola di statura e di poco peso, fui sistemata sopra una
montagna di sacchi di farina, polenta,…. quasi a toccare il soffitto del
vagone. Viaggio interminabile, numerose soste, paura dei bombardamenti
ma la mia testa man mano che il tempo passava riusciva a stare più diritta,
sempre più diritta e comoda. Si, troppo diritta e comoda!
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