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un non senso. Egli aveva il compito di pulire e aveva fatto il suo dovere. Era
colpevole, invece, chi il proprio dovere non l'aveva fatto.
Il povero "Cataina" era distrutto: quel lavoro sicuro era la sua unica certezza
d'avere assicurato giornalmente almeno il pane. La mattina successiva
"Cataina" venne da me allarmatissimo: nel muro v'era una nuova
scritta."Vieni a vedere" mi fece.
"Non serve conosco il testo, vada a riferire alla guardia civica". Così la
pratica fu istruita: lo scritto fu fotografato e ricopiato con la carta trasparente
per aver più elementi per l'indagine. Un motivo nuovo e sconcertante era
entrato a turbare ulteriormente l'investigazione: la scritta, a differenza della
prima che era nera, era scritta in rosso, con un fondo di mattone. A quei
tempi (1932) il rosso non era cosa da nulla: "Non dico far centro, ma figli di
puttane fatela dentro". Questa la famigerata scritta.
L'investigazione fu capillare. Dalla lista dei residenti furono escluse le
donne, i bambini, gli analfabeti (lasciando il "Cataina" perché indiziato),
quanti avevano in casa idoneo servizio igienico, gli assenti o impediti, infine
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