Page 62 - pagine1-104
P. 62
Papà per l'occasione comprava la “fügassa cu'à gungurzola” e dopo che si
erano serviti gli uomini - che facevano i lavori pesanti - anche una piccola
parte spettava a noi: per me quella sarà sempre la focaccia più buona del
mondo (e l'unica che mangiavo per tutto l'anno), se ci penso sento ancora
adesso il profumo che si spandeva nell'aria frizzante del mattino.
Cominciavamo quindi di buona lena a tagliare i bei grappoli dorati di
lumassina, trebbiano, poco rossese e a riempire i “gòci” di legno che gli
uomini portavano a spalle fino al punto di raccolta per essere poi trasportati
nella cantina sociale dell'Opera Pia Siccardi.
Che divertimento per me, con i miei fratelli e l'amica Eugenia schiacciare
con i pugnetti l'uva :“ciak ciak” sprizzava il mosto dentro il gòciu, e quando
il portatore di turno issava il recipiente sulle spalle volavano larvate
imprecazioni: “accidenti, chi l'ha riempito così tanto....che pesa come un
piombo...” e noi a ridere di gusto.
Maria Toso, MarcoToso, Eugenia Finoglio, Giuseppina Toso.
Ho capito solo molto tempo dopo perché c'era bisogno di tanta gente per
fare la vendemmia: la Collina era un fondo tutto in salita, per cui tutto era
portato a spalle e lavorato con la zappa.
Ci voleva solo la testardaggine di mio padre di voler coltivare una terra
62