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Ha raccontato che il padre, tifoso torinista, lo portò a vedere, nel
primo dopoguerra una partita in cui il Genoa giocava contro il
grande Torino. Naturalmente, il Genoa le buscò “di santa ragione”
e lui, che era entrato nello stadio da torinista, ne uscì da genoano.
Agli inizi della sua carriera artistica, l'antidivo Fabrizio De André,
con il suo mondo popolato da prostitute, ladri, accattoni,
fannulloni, carcerati, barboni, tossici, ubriaconi, suicidi e diversi,
non era compatibile con il perbenismo e con gli standard
sentimental-commerciali allora dominanti: la RAI lo censurò a
lungo. Solo la Radio Vaticana gli dedicò attenzione fin dall'inizio.
In compenso, proprio per questo suo anticonformismo, così
rigoroso, esercitò una grande influenza sulla nostra “irrequieta
generazione”. La sua testimonianza non si è fermata agli anni
sessanta ma ha cercato strade nuove in una continua
sperimentazione di linguaggi e di tematiche, sino ai giorni nostri.
La sua pulita luce intellettuale ha combattuto contro le ombre della
volgarità, della banalità, della furbizia, dell'opportunismo. In una
recente intervista televisiva, ha raccontato del suo sogno di poter
rivedere il padre (scomparso da tempo) e di potergli parlare
almeno per una volta ancora. Chissà che questo sogno non sia
anche quello che la nostra generazione custodisce nell'intimo del
cuore.
Ciao Fabrizio, cittadino del mondo.
Anno 2° numero 5 1° Trimestre - Marzo 1999
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