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cortei per la pace nel Vietnam; “Preghiera in gennaio”, per
ricordare Luigi Tenco, un altro indimenticabile poeta-cantautore. E
così abbiamo cominciato a strimpellare alla chitarra i nostri
tormenti amorosi sulle note de “La canzone dell'amore perduto”.
La successione degli accordi mi è rimasta impressa nella mente:
“Do maggiore, La minore, Re minore, Sol settima, Fa maggiore,
Sol settima... ricordi sbocciavan le viole... (...)” e così abbiamo
sussurrato nelle orecchie delle ragazze "Quei giorni perduti a
rincorrere il vento a chiederci un bacio e volerne altri cento ... ". In
quegli anni, quando s'andava ad una delle tante "feste", organizzate
alla buona in casa di qualche amica od amico, ognuno di noi
portavo almeno un “quarantacinque giri". In genere si trattava di
"primizie" da far ascoltare, per registrarne i1 gradimento, e poi da
ballare. Le canzoni di De André, poco ballabili, erano ascoltate in
religioso silenzio per poterne apprezzare i testi. E così, da allora, ci
è rimasto nel cuore che "dai diamanti non nasce niente/dal letame
nascono i fiori”. Erano anche i tempi di Paoli, Bindi, Tenco,
Endrigo, Lauzi, Ciampi.
Tutti cantautori con una forte venatura poetica. Penso che sia una
mistificazione parlare oggi di loro come dei protagonisti degli
"allegri anni sessanta".
All'opposto, e al pari di De André, loro erano i portavoce, anche
per come vivevano, di un diffuso malessere verso il "benessere
consumistico", verso L'Italia "gaudente e volgare" di quegli anni. I
giovani erano con loro ma dovettero passare parecchi anni prima
che fossero accettati dalla critica e amati dal grande pubblico.
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