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Valdina sognava di volare, sulla carrozzella di un bel cavaliere,
prima sopra a Miciomar e poi di là dal mare, sopra ai deserti
grandi come mari. Forse, senza saperlo, sognava l’amore, la
libertà.
I giorni passavano e Valdina cresceva aiutando il padre a curare i
malati, un po' con i sorrisi e un po' con le pastiglie.
Una sera, al tramonto, uno strano uccello, con grandi ali colorate,
si schiantò su un pino del parco.
Si trattava di un ragazzo, che aveva perso il controllo del suo
deltaplano, ma Valdina lo scambiò per un cavaliere su di una
carrozzella volante. Nel parco non c’era nessuno e lei, seguita da
Bicicletta, che abbaiava a più non posso, si precipitò, con la
cassetta del pronto soccorso, per medicare quello strano
cavaliere volante.
Il ragazzo era rimasto incastrato tra i rami. Valdina, da sotto,
cercò di richiamare la sua attenzione: “Ehi! Come va’ sull’albero?
Puoi scendere? Le ruote funzionano?”.
“Scendere tra le fauci di quella belva? Di che ruote parli? Semmai
preparo il nido e poi ti tiro su”.
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