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pianoforte, portando, comunque, con se guantoni e scarpette chiodate, giusto per
            continuare a divertirsi con gli amici e “colleghi” della Nazionale Italiana Cantanti.
            La metamorfosi, per lui, è avvenuta anche nella fede calcistica. Una folgorazione sulla
            via di Damasco, o meglio, del “Ferraris”, una passione cresciuta sempre di più nel
            tempo, tanto da portarlo a scrivere “I ragazzi del Genoa”, un inno per il Grifone cantato
            insieme agli eroi del quarto posto e della Coppa Uefa.
            Francesco Baccini, per lei calcio e musica si sono mescolati in parecchie occasioni, in
            particolare quando scrisse “I ragazzi del Genoa”. Come nacque quella canzone?

            «La cosa dell’inno del Genoa nacque da una proposta di Fulvio Collovati, che conobbi a
            Milano. Di lì a poco ci sarebbero state le feste per il centenario, così mi misi a scrivere
            il pezzo. Far cantare i calciatori, stonati come delle campane, fu un’impresa».
            Un po’ come il quarto posto di quella stagione…
            «Passammo due giorni e due notti a prendere i pezzettini di frase migliori di tutti i
            giocatori.   I   pochi   intonati   erano   i   sudamericani,   Branco   e   Aguilera,   che   però
            sembravano due bambini dello Zecchino d’Oro».
            I ragazzi del Genoa

            (…) undici bambini giocano
            dietro ad un pallone corrono
            lasciano i sogni in mezzo ad una strada
            in questa città che a volte non li ama
            quei bambini siamo stati noi
            quei bambini siete adesso voi
            quei bambini siete adesso voi
            quei bambini siamo ancora noi
            GENOA vola Grifone
            GENOA sempre più in alto
            GENOA perchè la storia siamo noi (…)
            Quando cominciò la sua “avventura” da tifoso rossoblù?
            «Io ho una storia particolare: da bambino ero sampdoriano. Ho cominciato a giocare
            in porta, nella Sampdoria, quando avevo sei anni. Giocavo in mezzo alla strada come
            tutti i bambini, oppure andavo a Granarolo. Gli osservatori della Sampdoria giravano
            per i quartieri a vedere i bambini che giocavano. Un giorno uno di loro suonò alla mia
            porta, per portarmi a giocare nella Samp. Per me era un sogno poter andare a giocare
            in un campo vero, con delle porte vere, e ovviamente, quando un bambino viene
            chiamato dalla Samp, la sua squadra del cuore diventa quella. Mio padre, genoano, mi
            accompagnava allo stadio, andavamo a vedere i derby nella Sud, con tanto di bandiera
            blucerchiata. Quelli erano altri tempi, non c’erano gli ultras, mio padre discuteva con
            quelli che aveva a fianco e la cosa era pure divertente. Da giocatore sono arrivato fino
            alla Primavera della Samp».

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