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Il Cipolla non se la prendeva, anzi, ci godeva
nel vederli rodersi il fegato. Quando faceva
l’amore con lei, nel suo appartamento all’ultimo
piano di un vecchio condominio, gli sembrava di
vederseli intorno ed esclamava sempre: «Alla
vostra faccia guardoni! Tiè!», e faceva il gesto
dell’ombrello con le braccia. Lei pensava che
fosse un modo per esternare il godimento che gli
procurava con le sue arti da maliarda e lo contrac-
cambiava: «Tiè! Tiè!Tièèèèè!!!». Urlavano di pas-
sione, felici, dimentichi di tutto e di tutti.
Chi non era molto soddisfatto di quelle effu-
sioni era un vicino del Cipolla, che sbraitava
sempre: «Almeno chiudete le finestre! C’è gente
che domani andrà a lavorare e che deve
dormire!». Era un rompiballe, probabilmente
geloso del Cipolla forse perché lui aveva una
fidanzata brava ma inguardabile.
Una notte, dopo ore di passione, Russuna-
Mussuna era uscita nuda, nel terrazzo dell’appar-
tamento, per fumarsi una sigaretta. Il Cipolla
l’aveva inseguita urlando: «Mettiti almeno una
vestaglia!». Lei si era messa a ridere risponden-
dogli nel suo stentato francese: «Être mari jaloux
de Russuna-Mussuna?».
«Ma che mari jaloux, se ti vede quello stronzo
del mio vicino e si rende conto di com’è fatta una
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