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          Russuna-Mussuna si era portata dietro, in una
          grande borsa. Poi, si sdraiarono sotto degli ulivi.
          Il Cipolla aveva appoggiato la testa sulle gambe
          della bella russa. Manfredo, poco distante, aveva
          puntato, per tenere le gambe alzate, i piedi sul
          tronco di un grande pino.

             «Che pace! Che meraviglia!», il Cipolla si
          sentiva in paradiso.

             Manfredo si era addormentato che le gambe
          alzate, in una posa un po’ ridicola. Ronfava.

             Il Cipolla rideva: «Povero Manfredo… perde i
          colpi».

             Intanto, Russuna-Mussuna lo accarezzava nelle
          parti intime.

             Che beatitudine! Che natura! Come mai non era
          mai salito, in tanti anni, su quel monte? C’era
          voluto il mare che s’alzava per fargli scoprire quel
          posto così magico, che, non per niente, si
          chiamava Gatto. Russuna-Mussuna, poco incline
          ad apprezzare le bellezze della natura, aveva inco-
          minciato a spogliarsi. L’abito da sera era finito sul
          ramo di un pino e lei era rimasta nuda, dato che,
          sotto gli abiti lunghi, non portava mutandine. Il
          reggiseno, poi, non sapeva cosa fosse. Si era
          messa a cantare e a ballare, eseguendo le movenze
          di una samba. Il Cipolla applaudiva, come se lei
          fosse una cubista in una discoteca, poi si era spo-

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