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                 La Chiesa ha rimesso al centro del suo mondo i
                 poveri. Ha fatto, in questo, grandi passi avanti ma
                 io vorrei che ci fosse più partecipazione, più
                 democrazia, al suo interno».

                    Il vescovo lo ascoltò in silenzio e poi gli con-
                 cesse un po’ di tempo “per riflettere”, convinto in
                 ciò dal suo segretario, che non perdeva occasione
                 per gettare acqua sul fuoco. Sperava fermamente
                 che don Lupo potesse restare in paese per conti-
                 nuare a fare il prete.

                    Sarebbero tornati e n’avrebbero parlato con
                 calma.

                    Don Lupo affidò il giovane gay al vescovo chie-
                 dendogli bruscamente di accompagnarlo all’o-
                 spedale. Lui avrebbe parlato con i genitori.

                    «Va bene, va bene - disse sottovoce il vescovo –
                 ma ora andiamo a benedire il paese».

                    Il giovane gay, prima di partire, ringraziò don
                 Lupo e gli disse in modo accorato: «Lei non se ne
                 deve andare… non se ne vada… deve restare ad
                 aspettare i disgraziati come me che, se avranno la
                 ventura di tornare, dovranno pur trovare qualcuno
                 che sappia distinguere un uomo da un carciofo,
                 che sappia mettere al centro le persone che vanno
                 liberate e non oppresse».

                    Il vescovo, scortato dal giovane ammalato e dal
                 segretario, s’imbatté nel Cipolla che si trovava

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