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Terza parte




          I nasi e le orecchie rosse, le mani gelate sui manubri, ma io e il
          Sandrino   continuavamo   imperterriti   a   pedalare,   zigzagando   tra
          crose e caruggi. Il vento ci ostacolava, c'irruvidiva le guance, ma
          era poca cosa per poterci fermare. Oltre i muri di pietra e dietro i
          cancelli,   s'intuivano   orti   e   giardini   malinconicamente   spogli.
          Respingevamo l'idea dell'inverno anche se non ne mancavano le
          avvisaglie. Una per tutte, la zia, che infagottata in un cappottone a
          quadri   usciva   per   raccogliere   le   pigne;   avrebbero   facilitato
          l'accensione della stufa. E sulla stufa si lasciavano poi le bucce
          d'arancia e di mandarino perché profumassero la casa. Le sere
          avevano ancora colori bellissimi, ma calavano improvvise sulle
          nostre velleità. Si doveva rientrare e mettersi a studiare. Che barba!
          Allora ricorrevo alla Bina, la cartolaia di Piazza Foscolo. Un
          negozio   piccolo,   quasi   incollato   alla   parrocchia.   La   Bina,
          imponente   e   con   una   gran   testa   di   capelli   bianchi,   vi
          signoreggiava, occupandone con la figlia Felicita i pochi metri
          quadri e servendoci con illimitata pazienza. "Devo andare dalla
          Bina" era la frase magica che consentiva di riattraversare i confini
          della libertà. Servivano sempre una matita o un quaderno. Già
          apparivano quelli "moderni" (ne ricordo una serie che effigiava in
          copertina il Barone di Münchhausen, narrandone per immagini le
          sue gesta stravaganti), ma non erano ancora del tutto spariti quelli
          neri e lucidi, bordati di rosso. Nell'iniziare un quaderno "nuovo",
          c'era il proposito un po' ipocritamente confermato (o era solo
          ingenuità?) di cominciare una volta per tutte a fare le cose per
          bene.  Come i  libri  all'inizio dell'anno scolastico e  separare le
          pagine con il tagliacarte. Commendevoli intenzioni che purtroppo
          restavano tali. Dalla Bina trovavi anche i pastelli Giotto da sei, i
          pennini   di   ricambio,   le   copie   a   righe   e   a   quadretti,   i   fogli
          protocollo e gli acquerelli. Non garantisco per le prime biro, ma
          nella scintillante vetrinetta di Natale, tra palline e festoni, non
          mancavano stilografiche "di marca", proposte in eleganti astucci.

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