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misura e modi ordinati; anzi molto fu fatto male, malissimo e fu
               lesivo dell'equilibrio estetico e non solo, del paese intero. Nel
               tempo poi ci si impegnò a far meglio e i danni furono contenuti,
               ora   direi   dimenticati.   E   allora   avanti   a   vivere   la   giovinezza
               incantata; quelli tutto sommato erano pensieri da grandi. E una
               vera e propria botta di vita fu un'indimenticabile gita ad Assisi e a
               Loreto,   organizzala   dall'infaticabile   Don   Quaglia   che   metteva
               l'anima in tutto ciò che faceva, perseguitato dall'ombra del suo
               leggendario   predecessore,   Don   Lavagna,   che   troppo   spesso   e
               ingenerosamente gli veniva ricordata.
               Don Quaglia stipò in un paio di pullman un variegato campionario
               di spotornesi: giovani, meno giovani, anziani, studenti, casalinghe
               e mai coabitazione, in viaggio poi, fu così piacevole, assortita,
               chiassosa. La gita ad Assisi, come pure quella a Roma l'anno dopo,
               fu un successo. Conservo una fotografia scattata alla comitiva
               distribuita   sullo   scalone   che   porta   alla   Chiesa   Superiore:   tutti
               sorridenti   e   felici   per   quel   "tout",   allora   autentica   avventura.
               Purtroppo alcuni di quei sorrisi si sono già spenti, ma forse per
               molti dei partecipanti che non si erano mai mossi da casa, valse la
               pena di vivere anche per la gioia di quei giorni.
               Forti di qualche suggestione, di qualche studio ancora "fresco", di
               qualche libro letto, ricchi di emozioni che quel bagno di cultura
               misticheggiante ci aveva regalate, alcuni di noi misero su un circolo
               che fu battezzato "Il Cenacolo". La sede, affrescala dal pennello
               sapiente di Mino Giudice, era mi pare una sua cantina; portammo
               libri da casa per riempire improvvisati scaffali e per parecchie sere,
               con   Mino   appunto,   Mario   Magnone,   Oscar   e   qualche   altro   ci
               riunimmo per leggere poesie, per commentarle, per discutere di
               Boccaccio e di Jacopone da Todi. Durò poco, ma mi piace pensare
               che non fu inutile che magari accese una fiammella che non si
               sarebbe più spenta.
               Ma alla porta della cantina di Mino bussava forte l'estate, quella
               vera; il caldo ci avvolse in sfibranti dolcezze. Cominciai a fare i
               bagni in quel lembo di spiaggia tra il Colombo e il Premuda, ai
               Bagni Pecchini, e... conobbi Pecchini, che meriterebbe una pagina

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