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alla parete destra al posto dei sacchi di sementi e granaglie di un tempo sono
          allineati sacchi di legumi secchi dai piselli ai ceci, dai fagioli rossi alle
          fagiolane, mentre dalla parte opposta i sacchi di grano, granone, crusca,
          cruschello, biada…. hanno ceduto il posto a prodotti preconfezionati, dalla
          pasta ai detersivi, dagli alimenti per cani e gatti alle scope. Anche la
          scaffalatura   alle   spalle   del   banco   di   vendita   è   occupata   da   prodotti
          parzialmente diversi da quelli di ieri. Forse soltanto i panetti del sapone da
          bucato ben ammonticchiati a mo’ di piramide occupano il posto di un
          tempo.
          Certo, oggi, come rivela una vecchia fotografia gelosamente custodita dalla
          proprietaria, mancano le macchine per il verderame allineate sull’ultimo
          piano della scaffalatura e le bollette da pagare infilzate su un chiodo piantato
          in un montante, sul banco mancano le due bilance a piatto delle quali quella
          destinata alla pesatura delle sementi con i suoi piccoli e lucidi pesi in ottone,
          dai 10 grammi al chilo, era una gioia il solo guardarla!
          Ma, nonostante tali mancanze, varcare la soglia della stretta porta è sempre
          un piacere per le sensazioni di vicinanza a un mondo contadino ormai
          perduto, almeno a Spotorno, e per i ricordi sopiti che tornano a galla nei
          meno giovani. Riemerge la visione di quando si comprava farina o altro
          nella giusta quantità prevista per una certa ricetta e di come la quantità
          prelevata, con un vigoroso e sicuro movimento della “sassua” (paletta in
          metallo usata ancora oggi e ben visibile sul banco), corrispondesse spesso
          alla richiesta con precisione al grammo, e poi fasciata nella grigia carta
          “strassa” o “grisetta” oppure nella azzurrina carta da “succo” con uno stretto
          intreccio fatto da sapiente e velocissimo movimento delle dita che faceva
          sembrare il pacchetto come contornato da una ghirlanda.
          Ancora oggi una pila di carta simile a quella di un tempo è sul banco di
          vendita, ma l’utilizzo quasi generalizzato dei più funzionali sacchetti di
          nylon ha cancellato la poesia di quei pacchi e tuttavia, indipendentemente
          dall’avere   o   meno   dei   ricordi,   l’entrare   nel   negozio   del   “Consorzio”,
          osservarne i prodotti che occhieggiano dai sacchi aperti e percepirne i deboli
          profumi,   suscita   sempre   sensazioni   di   curiosità   mista   al   desiderio   di
          conoscere saperi e sapori di un tempo.













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