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A scià Rometa
di Giuliano Cerutti
La chiamavano “scià Rometa”: era un modo rispettoso di anteporre al nome
il vocabolo "scià" (signora) per indicare nel dialetto genovese le persone di
un certo riguardo.
La ricordiamo come una donna alta, magra, con i segni di un carattere mite e
buono. La sua figura un po' trasandata, fasciata nelle vesti scure. le
conferiva una certa dignità velata di malinconica solitudine.
Di giorno, i gatti furono la sua più lieta compagnia, specie quando gli anni
cominciavano a spogliarla dagli interessi, dagli affetti e dagli amici.
Di notte, i ragazzi irrispettosi, bussavano per gioco alla sua porta di casa, in
Vico Albini, angolo Via Garibaldi.
Tornare con la memoria agli Anni Trenta rievocando personaggi che
popolavano il palco scenico spotornese, non vuol dire misurare il passato
con il presente e rimpiangere quel tipo di vita semplice e quieta, ma vuol
dire cogliere alcune minuscole schegge di un mondo diverso, molto privato
e scoprirne Le storie segrete, legate alle vicissitudini della vita. Ed è proprio
la breve storia di questa donna che solo ora ci consente di accostare il suo
nome a quello di una barca: il “Romolo"
Quando nel 1870 Spotorno viveva la sua ricca stagione dell'attività
cantieristica navale, qualcuno scrisse su un diario familiare questa
annotazione:
“Lavoro di carpentiere a cottimo fatto da Angelo e Francesco F.lli Siccardi
e due di Voltri, bastimento il Romolo, Lungo metri 42. Lavoro membratura
per lire 1864. Committente F.lli Catenaccio di Sestri Ponente. Scrittura
privata.”
Brigantino a Palo
di 1150 tonn e lung. 45m -
si costruivano nel cantiere di
Spotorno
dei F.lli Catenaccio
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