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generosamente a disposizione quei pochi metri nei quali si affollò
mezzo paese. Ora l'inverno, salvo impercettibili colpi di coda, era
alle spalle. Ormai dentro avevamo l'allegria. Ci portavamo addosso
l'anima come una sta leggera, immaginando forse che potesse pesare
solo a ci pensava di non averla; ne fasciavamo i nostri sogni
dispensando carezze al destino per ingraziarcelo, illudendoci che ci
dovesse essere amico anche dopo per sempre. Ma non fu così.
Arrivarono i primi turisti, in prevalenza tedeschi e noi cominciammo
subito il praticantato per essere prefetti ospiti "latini". La natura ci
dava man forte svelandosi con gentile e profumata invadenza. Che
ne sapevano quelle vichinghe (magari un po' legnosette, sovente
bellissime e impregnate di Ambra Solare) di pinete, di ulivi, di lune
d'argento? O di tappeti di stelle tanto vicini da potercisi avvolgere? E
il mare era blu, più blu di ogni Danubio blu. Ovvio che noi su quegli
"effetti speciali", ci marciassimo, ma credo anche, visti i discreti
risultati, che sapessimo proporli con argomentazioni convincenti. E
le varie Ulrike, Erike, Liselotte, ce ne davano atto, tornate a casa, con
lunghe lettere vergate su carta azzurra. Non mancò in quella lontana
Primavera, la Festa dell'Unità, lassù sulla rotonda di cemento tra i
pini. Un "circenses" paesano e felice. Ti stordiva un altoparlante
d'anteguerra che sparava valzer, mazurke e "cumparsite", intervallati
da qualche "Internazionale" o da qualche "Bandiera Rossa". Fu la
prima politica che conobbi e l'ultima che mi piacque. Ruspante,
semplice, rumorosa e pulita. Noi a quell'età non ci perdemmo a
coglierne altri significati; non ne saremmo neppure stati in grado.
Non eravamo lì per abbracciare idee, ma per stringere alla vita le
nostre belle spotornesi, ansiosi di prenotarci per il "lento"
successivo.
Anni dopo arrivò il rock che figliò in seguito altri contorcimenti.
Tutto bello, niente da dire, ma i nostri sudatissimi e straguadagnati
cheeck-to cheeck, andarono a farsi benedire.
Nelle orecchie delle nostre compagne di ballo non avremmo potuto
sussurrare più nulla.
Anno IV Numero 14 2° Trismestre 2001
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