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Andrea Doria 60 anni dopo. “Sono la ragazza del miracolo”
Linda Morgan Hardberger oggi
«Mamà, dónde estás? Mamà, mamà!». Il suo grido 60 anni fa risuonò sull’Oceano, si levò dalle lamiere
contorte della Stockholm, dal mozzicone di quella prua che era diventata il suo incredibile giaciglio. Si
chiamava Linda Morgan, aveva 14 anni e diventò la «ragazza del miracolo».
Oggi Linda è un’esperta d’arte a San Antonio, in Texas, città che il marito Phil Hardberger, ha guidato come
sindaco dal 2005 al 2009. Ha una figlia, Amy, docente di Diritto ambientale; uno yacht a motore con il quale in
questi giorni sta navigando lungo il Maine. «Sono 13 anni che Phil e io andiamo in barca. Abbiamo anche
vissuto a bordo per dieci mesi. L’unica regola è che io debba vedere sempre terra. All’inizio ho avuto seri
problemi, soprattutto con la nebbia, ma ho imparato a usare il radar e poi a bordo abbiamo anche altre
strumentazioni che alleviano la mia ansia».
Linda Hardberger è forse la più celebre sopravvissuta dell’Andrea Doria, l’ammiraglia italiana colpita a morte
dalla Stockholm nel Nord Atlantico la notte del 25 luglio 1956. Una collisione in prossimità degli Usa che costò
la vita a 46 passeggeri del Doria e a 5 marinai e un passeggero del transatlantico svedese, ma che fu anche la
più grande operazione di salvataggio della storia della navigazione: 1.706 persone sul liner italiano, 1.134
passeggeri; tutti ebbero salva la vita eccetto chi morì nell’impatto o in seguito alle lesioni riportate, grazie
soprattutto al senso del dovere dell’equipaggio italiano. Linda, però, del suo «miracolo» non ama parlare. Non
ha quasi mai rilasciato interviste e ci ha concesso questo colloquio a patto che non fosse lei a ripercorrere quella
notte. «Non voglio rivivere quello che ritengo l’episodio più doloroso della mia vita».
Alle 23,10 del 25 luglio 1956 la nave svedese, dopo un’improvvisa ed errata accostata a dritta, irrompe nel
fianco destro dell’ammiraglia italiana. La cabina 52 è devastata. Joan precipita nell’Oceano, Linda si risveglia
all’aperto, sul suo materasso. È adagiata sul rostro del liner svedese, ritiratosi dall’abbraccio mortale con il
Doria, che affonderà dopo 11 ore. «Mamà, dónde estás? Mamà, mamà!». È Bernabé Garcia Polanco a sentirla,
l’unico marinaio spagnolo tra tanti scandinavi. «Come ti chiami?», le chiederà un ufficiale in infermiera.
«Linda Morgan». Sulla lista passeggeri non risulta. «Guardi come Linda Cianfarra». Inutile. «Ma non è
l’Andrea Doria questa?». L’ufficiale sbianca: «No, questa è la Stockholm».
Il miracolo non si compie per tutti. Il patrigno muore straziato nella cabina 54. A tavola, prima del disastro,
aveva scherzato con le figlie: «Non sarebbe fantastico se l’Andrea Doria si schiantasse nella nebbia? Pensate
che esclusiva avremmo per il Times!». Si salva la madre, grazie al coraggio del chiropratico Thure Peterson e
dello steward Giovanni Rovelli. «Mia madre ha sofferto molto per le lesioni riportate e non si è mai più ripresa
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