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Dopo questa premessa, appare evidente quanto grande sia stato il mio interesse per la
            Juve, nonostante le pressioni del mio amico spagnolo de Sevilla Patrizio Balbontin, il
            padre del comico Enrique (sul Secolo XIX scrive dei pezzi divertenti: “ingenoamente”).
            Mio amico fin dall’infanzia (la prima volta che lo portarono in casa mia avevamo
            quattro anni), detto il “Duca” per la sua eleganza, genoano sfegatato (aveva appreso
            fin da subito, e più di me, le lezioni genoane di mio padre), che per convincermi
            confrontava i giocatori del Genoa con quelli della Juve concludendo sempre che “U
            Zena” era più forte. Nel confronto, mi concedeva che solo Sivori poteva essere più forte
            di Leoni. Quante partite abbiamo visto insieme! La Juve la vedevamo solo quando
            giocava a Genova, poi per tutto il campionato Genoa a volontà. Ho imparato persino a
            memoria la pubblicità sparata dall’altoparlante: “Night Club Orchidea, per una serata
            indimenticabile”,   “Chi   ti   salva   dalla   pioggia   e   dall’ombrello?   Ma   l’impermeabile
            Vittadello!!!” Patrizio era anche un grande tifoso del Real Madrid del grande Di
            Stefano. Quante sfottiture per le sconfitte inflitte alla Juve in Coppa dei Campioni! Non
            aveva il problema di trovarsi in contraddizione perché il Genoa in Coppa… (Qualche
            tifoso criticone diceva: “quella di gelati… quella du nonnu…”). Io ho sempre “tenuto”,
            guardando alla Spagna, per il Barcellona.
            Genoa Spal 2-1 Stadio Marassi 6 gennaio 1957
            Reti: 22° Sandell (S), 28° Frizzi (G), 82° Corso (G)
            Tra le tante partite viste insieme, ho conservato un vivo ricordo della partita Genoa
            Spal 2-1, forse perché mi trovavo da qualche giorno, durante le vacanze di Natale,
            nella casa di Patrizio, il “Duca”, in Albaro. Con lui, che mi faceva da guida, non si ci
            annoiava mai: pomeriggi al Luna Park della Foce, partitelle di calcio in Via Quarnaro
            (abitava in un palazzo di quella via) dove si radunavano i suoi amici della “zona” (la
            sfida  era:  Via  Quarnaro  contro  Via  Zara). Passeggiate  sino a  Boccadasse,  feudo
            rossoblù dove su di uno scoglio sventolava la bandiera del Genoa e dove, su una targa,
            erano incisi dei bellissimi versi di Edoardo Firpo. A volte, si andava in giro a fare
            “scherzi” a persone che lui aveva individuato come sampdoriani. Poi, la partita di
            calcio! Quella volta finimmo, non so perché, nella gradinata sud da dove vedemmo, “in
            primo piano”, il gol di testa che Sandell infilò nella porta del Genoa, che poi per fortuna
            recuperò.
            “Il Duca, che a Boccadasse conosceva quasi tutti, si lanciò in un’interminabile partita di
            tarocchi con dei pensionati, tutti tifosi genoani. Erano seduti attorno ad una grande
            cassa in mezzo alle barche. Il socio di gioco del Duca teneva un braccio dentro ad un
            secchio colmo d’acqua di mare. Nel pugno, comprimeva una pallina di tennis. Si
            trattava di una sorta di trattamento curativo alla mano rimasta contusa a seguito di
            un “incidente” che il pensionato aveva descritto così: “Belin, stavo sentendo la radio in
            casa mia: alla notizia che il Genoa aveva perso la partita all’ultimo minuto, non ci ho
            più visto e ho sferrato un pugno sul muro”. “Che néscio!”, fecero gli altri pensionati in
            coro. “Eh… il Genoa fa soffrire, altro che néscio…”, il socio del Duca pensava a voce
            alta. “Il Genoa fa anche godere! Io mi sono cagato addosso quando il mitico Di Pietro

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