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pensarono subito a un’altra vittoria rotonda: per forza c’era Stabile! Invece era andata
alla rovescia e il Genoa aveva incassato una sonora sconfitta.
Stabile poi si infortunò nel corso di un’amichevole con l’Alessandria e non riuscì più a
mantenere le promesse dell’esordio pur restando per molti anni in Italia giocando
oltre che con il Genoa anche con il Napoli.
Tornato in patria “El filtrador” tra gli anni’40 – ’50 resse a lungo l’incarico di
Commissario Tecnico della nazionale albiceleste.
C’era lui in panchina nel torneo sudamericano 1957, quando la squadra “criolla” vinse
il titolo superando il Brasile destinato l’anno dopo a vincere i mondiali in Svezia.
Al centro della prima linea argentina c’erano i tre “de la cara sucia” Maschio, Angelillo,
Sivori.
Nell’estate i tre si trasferirono in Italia, Maschio al Bologna, Angelillo all’Inter e Sivori
alla Juventus.
I dirigenti dell’AFA si inalberarono e (autolesionisticamente) li esclusero dalla
spedizione svedese: Stabile dovette farne a meno, il Brasile di Pelè e Garrincha ebbe
via libera verso il titolo”.
Durante le mie frequentazioni del negozio di barbiere del padre del mio amico Ino
Canepa, “Turbine”, (che “tiene” per il Torino), dove andavo a leggere “Lo Sport
Illustrato” e a sentire le radiocronache delle tappe del Giro d’Italia e del Tour de
France, scoprii Carletto Parola grande centromediano della Juventus che nelle figurine
veniva sempre rappresentato mentre eseguiva la classica rovesciata. Io ero il
centromediano della squadretta parrocchiale allestita dal buon Don Quaglia, Vice
Parroco, allenata da Gino Maglio, anche lui centromediano, juventino di ferro, che ci
lasciò quando dovette andare a fare il militare in Marina.
Giocavamo nel campetto da sette (già cinema all’aperto) sito accanto all’Albergo
Esperia e sotto la casa del poeta Camillo Sbarbaro (“Padre, se anche tu non fossi il
mio/ padre, se anche fossi a me un estraneo,/ fra tutti quanti gli uomini già tanto/ pel
tuo cuore fanciullo t’amerei./”), che spesso ci osservava molto divertito dal nostro
vociare.
Camillo Sbarbaro sul balcone
della sua casa
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