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Riccardo Giudice apre la serata, poi conclusa cantando “Coi pantaloni rossi e la
maglietta blu…” con il coro dei presenti in sala
Genoa is here to stay
Una sera, a Spotorno…
di Giannino Balbis
La sera del 14 maggio 2019, al Centro Congressi Palace di Spotorno, quella che si
annunciava come la normale presentazione di un libro – per quanto di un libro molto
speciale, “Cöse da Zena e dintorni” di Bruno Marengo – si è trasformata in un vero e
proprio raduno genoano: che è come dire la celebrazione di un sacro rito della
genoanità. E dico “sacro” non per amor di blasfemia, ma in omaggio all’etimo del
vocabolo e al sentimento della genoanità, entrambi enantiosemici (chiedo scusa per il
tecnicismo) cioè capaci di significati opposti: “sacro” significa infatti “consacrato” ma
anche “maledetto” (v. Orazio: auri sacra fames, “maledetta fame di ricchezza”) e la
genoanità è un groviglio di esaltazione e disperazione, di ottimismo che sfiora l’utopia
e pessimismo che sprofonda nel nichilismo.
Quando Bruno Marengo mi ha invitato a scrivere qualcosa su quella serata e sulla
genoanità, la prima tentazione è stata quella di parafrasare il grande Louis Armstrong,
che a uno che gli chiedeva una definizione del jazz rispose: “Ehi, amico! Che cos’è il
jazz? Se lo devi chiedere, non lo saprai mai!”. Ovvero: provare per credere! Che cos’è la
genoanità? Provare per credere! La serata di Spotorno è stata una splendida prova di
genoanità.
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