Page 11 - libro pag 1-206
P. 11
Poi ho immaginato un esordio alla Totò – genoani si nasce, e io modestamente lo
nacqui! – essendo io genoano dalla nascita, anzi da prima di nascere, grazie ad un
padre, Achille, che nel 1925 era carabiniere di leva a Ferrara e il 24 maggio fu
mandato in servizio allo stadio di Bologna in occasione della prima delle famigerate
cinque partite di spareggio. L’aria che tirava in quello stadio non doveva essere delle
più serene (se pensiamo a quel che accadde due settimane dopo a Milano…), ma il
Genoa vinse 2-1, e Achille, pieno di orgoglio ligure, diventò genoano sul campo. E
siccome era mite in tutto tranne che nelle questioni di fede, trasmise d’autorità la
passione a figli e nipoti (ma perdonando volentieri al figlio maggiore, Florio, l’amore
per il grande Torino…).
Poi ho pensato che parlare di me non era il modo più garbato per cominciare. Anche
perché, se è vero che genoani si può nascere, è altrettanto vero che genoani si può
diventare (ne ho visti di amici convertiti d’amblée, come Saulo sulla via di Damasco, al
primo impatto con Marassi…!): anzi, chi nasce genoano è solo fortunato (come non
ricordare il celebre detto di Pippo Spagnolo, che Bruno Marengo ha posto a sottotitolo
del libro?), mentre a chi lo diventa va anche riconosciuto un merito. Così ho deciso di
mettere da parte Armstrong e Totò e partire direttamente dalle emozioni della serata
di Spotorno.
Provate a immaginare. Una cornice musicale con Riccardo Giudice (precipitatosi in
giornata dalla Danimarca per non mancare all’appuntamento) che, con la sua chitarra
e la sua voce calda e vissuta, apre la serata con Crêuza de mä, poi ne introduce la
seconda parte con Ma se ghe pensu, infine la chiude con You’ll never walk alone e con
l’inno di Campodonico-Reverberi: Coi pantaloni rossi e la maglietta blu… Brividi di
commozione.
Poi un saluto-monologo di Enrique Balbontin, che strappa irrefrenabile simpatia con la
sua verve linguistica e istrionica, degna del miglior Plauto, in una cascata di battute sul
Genoa e su Genova, sui genoani e i sui genovesi che trasformano d’incanto in
commedia lo psicodramma genoano, come lo definiva il padre di Bruno Marengo (non
si dimentichi che si era alla vigilia di Genoa-Cagliari, con il Genoa sospeso sul baratro,
appeso ad un esile punto di vantaggio…). Grande Enrique, molto più che un comico!
Brividi di terapeutica allegria.
Poi la sfilata delle vecchie glorie! Ramon Turone, Claudio Maselli, Attilio Perotti, Sidio
Corradi (in ordine di formazione), a scambiarsi battute scherzose, aneddoti, ricordi dei
tempi andati, belli e brutti (i gol di Corradi, i cross di Perotti, le cavalcate a tutto campo
di Turone, i lanci alla Suarez di Maselli…, ma anche la serie C, con una sconfitta in casa
per mano dell’Aquila Montevarchi!). E ancora Luca Chiappino, Giancarlo Romairone,
Michele Sbravati (splendido conduttore della serata), Gennaro Ruotolo, Armando
Ferroni e Luca De Prà, nipote del mitico Giovanni De Prà, a snocciolare altri aneddoti,
ricordi di presidenti (Fossati, Spinelli…), allenatori (Scoglio e Bagnoli su tutti) e di tante
altre persone a vario titolo legate al Genoa. Brividi di memoria (con più di un
rimpianto).
Poi Bruno Marengo, che, aggiungendo ricordi a ricordi, aneddoti ad aneddoti, ha
illustrato il suo libro, ne ha commentato le pagine salienti e ha ricordato perché e con
11