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cuore. Poi, ampie divagazioni sul cinema ed in particolare sui film musicali di Gene
Kelly, gran ballerino (“Un giorno a New York” con Frank Sinatra, “Un americano a
Parigi”, musica di Gershwin con la splendida ballerina Leslie Caron, “Cantando sotto la
pioggia” con una radiosa Debbie Reynolds). Quando mia madre, Rosina, mi portava al
Premuda a trovare mio padre, l’orchestra intonava “I’m in the mood for love”. Era la
loro canzone e Gino-dancing si metteva a cantare: “Quando ti stringi a me… quando ti
guardo in viso…”. Cantava bene… magari era davvero allievo di Fred Buscaglione.
Infine il calcio: Gino-dancing (“gobbo”-juventino) quell’anno ne aveva da dire: la Juve
si era presentata nel campionato con John Charles e Omar Sivori, due autentici fuori
classe che avevano cominciato subito a fare faville, trasformando una squadra di
media classifica in una favorita per lo scudetto. Approssimandosi la partita Juventus
Genoa, iniziarono i preparativi per la “trasferta”. Gino-dancing aveva un negozietto,
“semiclandestino”, in un cortile nei pressi di Piazza Vittorio a Torino; vendeva e
aggiustava orologi, commerciava in macchine fotografiche e radio anche usate. Viveva
in un “appartamentino da scapolo” posto nel retro del negozio. Partimmo, il sabato
mattina, per Torino sulla sua “topolino” (non quella “amaranto” di Paolo Conte dove si
stava d’incanto, ma su una giallina, un po’ scassata) e lo scopo del viaggio non era
solamente la partita: mio padre aveva deciso di acquistare due orologi da polso
Omega e una macchina fotografica dall’amico. Un vero avvenimento, dopo l’acquisto
della radio, naturalmente usata, che ci consentiva di ascoltare la radiocronaca del
secondo tempo di una partita di serie A e l’aggiornamento in diretta dei risultati
parziali di tutte le altre (allora si giocava solo la domenica pomeriggio). Che bello quel
viaggio in auto! Allora non c’era l’autostrada e si attraversavano tanti bei paesi con le
loro chiese, le loro piazze. Tappa a Mondovì per pranzare nella trattoria di un
conoscente del Gino-dancing, dove si serviva il famoso “bollito di carni alla
piemontese”. E poi, finalmente Torino! Il Po, la Gran Madre, i Cappuccini, quella piazza
immensa. Nel pomeriggio, Gino-dancing aprì il “negozio” e arrivarono subito dei
clienti. Mio padre mi regalò un Omega facendo aggiungere un buco nel cinghino,
l’altro lo tenne per sé. Poi, l’acquisto (un vero affare) della macchina fotografica usata:
una “Agfa super silette” made in Germany che conservo ancora. Gino-dancing ci tenne
una vera e propria lezione: come inserire il rotolo della pellicola, come estrarlo, la
messa a fuoco dell’immagine col telemetro, la regolazione della luce: “sole, ombra,
mezzo sole, nuvolo”.
Dopo un cappuccino in un bar, tutti a nanna. Io e mio padre dormimmo in un lettino
(posto accanto alla “camera oscura” per lo sviluppo foto) sistemati “all’opposto” l’uno
dall’altro, come si ci aggiustava allora quando si affittava ai bagnanti.
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