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Prefazione







          Bruno Marengo, oltre ad avere molte virtù politiche e umane che
        lo rendono un amico vero e sicuro, è un narratore raro e prezioso,
        di quelli che è sempre più difficile  incontrare in un tempo in cui la
        narrativa offre presso che esclusivamente fotocopie di se stessa,
        con sempre le stesse storie noiosamente ripetute e con ora una
        scrittura   pericolosamente   zoppicante,   ora   invece   sperdutamente
        banali. Proprio la vivacità e l’alacrità della parola sono i primi
        pregi del narrare di Marengo, come dimostra adesso Il tempo non
        ritorna,   che,   come   suggerisce   il   titolo,   contiene   due   tempi
        suasivamente alternati di vita, di sentimenti, di esperienze di storia,
        di politica, di attività, d’amore un poco gozzianamente impossibile
        (e   Marengo   gioca   sopra   quest’eco   di   sapori   antichi,   ma   con
        divertita autoironia, ed è un ulteriore aspetto positivo della sua
        scrittura). La memoria e l’attualità armoniosa e un poco giocosa e
        malinconica   sono   le   due   voci   della   vicenda   che   ha
        fondamentalmente due soli personaggi, con qualche comparsa che
        è funzionale e non fondamentale, e che vale a precisare meglio i
        luoghi,   i   tempi   dell’azione   e   dell’esistenza,   i   diversi   stupori
        dell’adolescenza e della maturità che stinge ormai alla vecchiaia
        con il molto di nostalgia, ma sorridente ancora, e ancora colma di
        volontà di vivere, di giustizia, di speranza.
          L’ambientazione è torinese, e il punto di partenza è dolcemente
        gozzaniano perché l’uomo senza età che giunge nella città dalla
        stazione lì ha studiato, ha amato, ha a lungo vissuto; e con curiosità
        cerca di ritrovarla sul filo della sua memoria, che non può che
        essere anche letteraria, e d’obbligo è l’intento di verificare quanto
        ci sia ora di nuovo e quanto ci sia rimasto di antico e di vero. E’
        una passeggiata ora disillusa ora incuriosita; e il narratore subito



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