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mescola il presente e il passato di liceale, di universitario, di
partigiano, di speranza del mutamento della storia e del mondo
dopo la liberazione, di tenace fiducia politica, di scrittore, e tutto
quello che ora vede a Torino è invece analogo a quanto si può
vedere in tutte le altre città d’Italia e forse in tutte le città del
mondo.
A Torino, nello stesso giorno e nelle stesse ore, è giunta anche
“una donna elegante, senza età”. Si capisce subito che le due
persone “senza età” dovranno incontrarsi e riconoscersi e con
quieto fervore ricuperare tutto il loro passato di esperienza e
d’amore.
La novità di Marengo consiste nel fatto che egli con serena ironia
rileva le infinite combinazioni dell’incontro e del riconoscimento.
La narrativa piega verso l’apologo, che è quello del tempo perduto
e ritrovato, ma è troppo tardi per i due protagonisti. Eppure il breve
incontro è una festa, quella che riunisce adesso l’uguale
malinconia. I due protagonisti non hanno sprecato la loro esistenza.
Hanno vinto tante prove: nell’adolescenza, a scuola, nel tempo
della legge del fascismo contro gli ebrei, difendendo una fragile
ragazza, che credevano ebrea, dagli insulti e dalla malvagità di
compagni di scuola fascisti; poi durante la guerra, l’uno ormai con
la vocazione di letterato andato con i partigiani, lei ugualmente
molto attiva nella resistenza. Il fatto che entrambi i personaggi non
abbiano un nome e neppure un’età (l’uno e l’altra sono denominati
l’uomo senza età e la donna senza età) finisce a renderli al tempo
stesso “veri”, sì, ma anche emblematici di cinquant’anni di vite, di
storia, di delusioni e di pienezze, fino a quel discrimine estremo
che ha, al culmine, ancora la passione della verità e la curiosità del
vedere, del fare, del sapere.
Perché ci sia l’incontro sono necessari, per il canone narrativo,
due “accidenti”, opposti e analoghi: l’uomo senza età interviene
ancora a proteggere un ragazzo di un corteo di extracomunitari
picchiato dalla folla e si prende un pugno che lo fa barcollare e
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