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fare il partigiano; lei in città, a svolgere missioni di collegamento
tra esponenti della Resistenza, all’insaputa dei genitori. Si erano
abbracciati forte. Poi l’aveva fatta girare, sollevandola da terra: “A
conquistare la rossa primaveraaa…”. Il momento più bello della
loro vita.
Quel giorno, in Piazza Vittorio, si celebrava la festa per la
Liberazione di Torino, con la presenza di tutte le formazioni
partigiane, allegre, pittoresche.
C’era stata la sfilata, enorme: in testa il CLN piemontese, poi i
partigiani invalidi e feriti, poi via, via, tutti gli altri. Un’immensa
folla faceva da ala urlando: “Pace! Libertà!”. Torino liberata dai
partigiani!
Il ragazzo dagli occhi vivaci, che durante l’insurrezione di Torino
era stato alle Ferriere, sede del Comando di brigata, si guadava in
giro, cercava lei. Ad un tratto la vide, in mezzo ad una moltitudine
di donne. Aveva i capelli raccolti in un fazzoletto chiaro. Un
sogno.
La strinse forte: “Ciau principessa, hai pensato un poco a me in
questi mesi?”. Portava un fazzoletto rosso al collo.
“Ti ho pensato sì! Non sai quanti spaventi ho preso con quei
repubblichini, con quei tedeschi, che ne facevano di tutti i colori.
Ogni volta, pensavo che mi fossi cacciata in un bel guaio. Un
giorno, all’università, sono stata fermata insieme ad altri studenti
da dei questurini in borghese. Uno di loro mi ha anche infilato le
mani nel seno con la scusa di controllarmi. Poco prima, avevo tolto
dei manifestini dalla borsa e li avevo infilati nelle mutandine.
Appena in tempo! Ho dovuto subire toccamenti su tutto il corpo,
mi hanno fatto aprire la borsa, ma sino alle mutandine non si sono
spinti. Quando se ne sono andati, mi sono seduta sulla scalinata e
ho cominciato a piangere. Mi sono anche fatta la pipì addosso! Che
spavento! Era in quei momenti che ti pensavo…”.
“Sei stata coraggiosa, hai fatto il tuo dovere per il nostro futuro…
per il socialismo...”.
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