Page 13 - pag1-90
P. 13
Prologo
“Ma bella più di tutte l’Isola Non-Trovata: … E’ l’isola fatata
che scivola sui mari; talora i naviganti la vedono vicina…”,
Gozzano, Gozzano, pensava. Torino per lui era Gozzano. Era
l’Isola Non-Trovata e in quell’isola fatata, soffusa di mistero, che
scivolava sui mari, si nascondeva ancora lei, nei suoi consigli
d’amministrazione, nelle sue fondazioni, ne era sicuro. Quante
volte l’aveva vista vicina… e poi lontana… sempre più lontana.
La stazione di Porta Nuova non era più quella che ricordava:
decadente, malinconica, struggente. Ora c’erano negozi, vetrine
scintillanti, bar ultramoderni, gazebo d’ogni sorta, insegne scritte
in inglese. Ragazze che t’inseguivano: “Qual è l’ultimo libro che
ha letto? Deve cambiare il computer? Com’è messo con il
telefono? Conosce tutte le possibilità di risparmio?”.
Sembrava che da lì i treni passassero quasi per caso, forse a
testimoniare l’ottocento. Le torrette di vetro e d’acciaio degli
ascensori della metropolitana, i parcheggi sotterranei, indicavano il
nuovo, le recenti grandi opere.
Ma, appena fuori della stazione, Torino era sempre Torino. C’era
l’albergo dove si era tolto la vita il grande scrittore; c’erano i
giardini all’italiana, nel senso degli addobbi di cartacce, lattine,
cacche di cani. Più in là, la Via Roma e ancora più avanti le due
fontane che gettavano acqua: il Po e la Dora. Che bella donna era
la Dora, con quei fianchi, quel seno. Una donna austera, d’altri
tempi, quasi una dea. Si aveva voglia di toccarlo quel marmo.
La Dora che si gettava nel Po e se ne fuggiva via. Eppure, era
sempre lì a scrutare, con il suo sguardo severo, la varia umanità
che le passava davanti.
E quel Po a volte così amico, a volte così chiuso, quasi a
nascondere qualcosa.
13