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sostiamo oltre frontiera nell'attesa cl'ordirti gulrtllli  ir vistir tlir soltlirii  irlrrrirli.
      stiamo per qualche giorno f-ermi  in urr binrrio rììorlo,
      Certo nessuno poteva pensare che clentro a quci vagorri rtrcrci c'clirrro  tlcgli
      esseri umani,  forse bestiame poteva esserci"
      Non sembravamo uomini, ma esseri appartenenti  a chissà quale  piancta  chc
      assomigliavano  più ad animali che a persone, e ancora una volta ho dovuto
      assistere  ad una scena raccapricciante.
      Mentre sostiamo  nell'attesa  di passare la frontiera, sul binario di fronte al
      nostro sosta un treno merci fermo carico di barbabietole;  un prigioniero, un
      giovane,  si avvicina e prende una barbabietola,  la guardia  gli spara bruciape-
      lo senza avveftimento. Per una barbabietola?  Non era finita la guetra?
      Si passa la frontiera  e arriviamo  alla stazione d'Insbruch,  ci sono le forze di
      liberazione americane, bandiere  che sventolano,  aria di festa, musica,  confu-
      sione, eccitazione,  ma sarà vero?
      Si prosegue  quindi per Bolzano,  in tema Italiana: era il due dicembre  del 1945,
      ed ero ancora  vivo.
      Siamo frastornati,  increduli  stiamo tornando  alla vita dopo essere  stati nell'al-
      dilà, e affermo che sono stato veramente fortunato.
      Sono stato ricoverato in ospedale a Merano. La prima cosa di cui avevamo
      bisogno  è stata la disinfezione, più che opportuna.
      Dalle visite mediche,  ho poi scoperto per la prima volta dopo quattro anni di
      avere  la scheggia di pallottola  vicino al polmone ed una più piccola nel pol-
      paccio;  sono stato in ospedale  per un po' di tempo  per le prime  cure finché  mio
      fratello  Francesco è venuto  a prendermi.
      Ontano parte subito per tornare  a casa  a Vallecrosia  e non vuole sentire ragio-
      ne di farsi visitare.
      Alla stazione  di Bolzano sento parlare in dialetto ligure, che sorpresal Non mi
      ricordavo di aver sentito il mio dialetto e sembra  musica  alle mie orecchie,  e
      allora mi avvicino  a due simpatici  coniugi d'Imperia, i quali erano andati fin
      lassù  a vendere olio e stavano  tomando  in riviera.
      Affido loro un biglietto da consegnare alla stazione di Spotorno per i miei
      famigliari  che da quattro anni non hanno mai avuto notizie di me, anche se
      tante volte avevo scritto,  né io avevo notizie di loro, e ormai disperavano in un
      mio ritorno.
      All'arrivo del treno nel mio piccolo amato  paese,  saràVolpera  addetto  alla sta-
      zione a raccogliere il messaggio,  subito nel paese, la notizia  si diffonde:
      "U Lige u l'é  yiyu".
      Molti concittadini  si sono interessati  al mio ritorno soprattutto  i parenti degli
      altri soldati partiti per la guerra, a tutti ho sempre dovuto  affermare la mia con-
      vinzione che purtroppo si è rivelata vera: dalla Russia non torna più nessuno.




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