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re le terre al regime.
[)opo trrt po' rli tcrrnl-ro chc: cravaruo irr c;ucl carì1po abbiamo instaurato un certo
rliitlogo cort lc gtuttrlic, o irlntcrtto t:ott rpralcuna di loro; né ricordo in partico-
littt'ttttir (giovirrrc tkrrurir)t'lrc cnr rrnir "brigaclioril"con il conrpito di comanda-
rt' uul ltt'igrttrr tl'rtornirri c ir('('orul)iUlrtrrli sul posto di larvoro; essa prendeva
orrlilti rltri t'ttpi rlt'l Sitrvkov. e tkrvcvir corrtxrllare Ic guardie, che a loro volta
t'otrltrrlltrvrrrru p,li rronrirri prigiorricri c notr chc arnclavano a lavorare.
l,rr thlrrrtrr lrir rirr'r'orrlirto il nrotivo per cui praticava quel mestiere: era figlia di
t'onlirtlirti tli t;rrcl l)irrìsc, urra lìuniglia povera composta di padre, madre e tre o
(lulllrr) I'igli. cssi lavoravano la terra, ed era concesso possedere una sola
nluc('ir rrrl lvcvano del bestiame. In un inverno di qualche anno prima una
nluccit ;laltorì un vitello che morì subito dopo la nascita.
ll ;latlrc non denunciò, entro tre giorni come previsto dal regime al commissa-
rio politico la nascita del vitello, ma lo utilizzò per sfamare la famiglia; qual-
cuno del paese fece la spia e allora fu processato ed inviato ai lavori forzati,la
famiglia smembrata, del padre non si è mai più saputo nulla, i figli e la moglie
firono obbligati a lavorare alle dirette dipendenze dello Stato.
Lì ho conosciuto Ontano Angelo di Vallecrosia, che proveniva dal campo di
Tambow, ho poi rivisto a casa dopo la fine della gueffa.
Siamo stati in quel campo fino al settembre del '45.
IL RITORNOA CASA
Si sparge la voce che ci si appresta a fare ritorno in Patria.
Sarà vero? Noi ci troviamo in capo al mondo ce la làremo eì tornare?
Improvvisamente il campo si anima, c'è frenesia, conl'usione, domande e
risposte che ci facciamo a vicenda perché ordini non ce ne sollo, ma la speran-
za ricomincia a rinascere in ognuno di noi.
Verso la fine del mese, le guardie ci chiamano per nome, uno ad uno, ci radu-
niìno e ci tolgono da dosso tutto quello che abbiamo, tutti gli oggetti persona-
li che c'erano ancora rimasti, e soprattutto la gavetta, o i barattoli clre la sosti-
tuivano ecc. (non ho mai capito per quale motivo).
Il controllo è effettuato in questo modo: si deve sfilare davanti alle guardie le
quali si accertavano che niente era trattenuto e si deve lasciare tutto iu Lnì rnuc-
chio al centro della stanza.
Fenoglio, uno di Brescia, aveva fabbricato una gavetta bellissirna, firtta di latta
e non perdeva acqua, ed era proprio un capolavoro.
Io pensavo al viaggio che dovevamo fare, pensavo come avremmo nritngiato
senza alcun recipiente, e allora in un momento di confusione ho preso la
gavetta del bresciano e me lo sono infilata dentro i pantaloni in mezzo alle
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