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gambe, sono quindi passato davanti ad una guardia per l'ispezione, essa rni lra
palpato davanti e di dietro e non si è accorta della gavetta.
Sono così riuscito a salvare la gavetta che si è rivelata utilissima durante il
viaggio.
Dopo i preparativi per la partenza fatti in fretta e furia siamo stati sistemati,
dentro tre vagoni bestiame di un treno improvvisato ed infine siano partiti,
scortati sempre dalle guardie.
Il viaggio è durato due mesi e mezzo circa, e in tutto quel periodo nessuno ci
ha mai dato da mangiare, né da bere.
(Abbiamo saputo dopo che, in effetti, le forze di liberazione americane invia-
vano casse d'alimentari, che però a noi non sono mai arrivate perché erano
regolarmente trattenute dai russi).
Una volta caricati sul treno per i russi noi non esistevamo più dovevamo esco-
gitare qualcosa per arrivare a casa, non potevamo mica arrenderci proprio
adesso.
Ad ogni fermata del treno, nei piccoli villaggi, a turno qualcuno di noi corre-
va a baraltare quello che aveva con qualcosa da poter mangiare, ma doveva
anche stare molto attenti perché le guardie non volevano e potevano sparare a
bruciapelo.
Ontano di Vallecrosia è stato il primo a vendersi le scarpe, ed ha ricavato ben
50 rubli, ed un paio di ciabatte in cambio, ed ha potuto comprare del pane.
Ai primi d'ottobre siamo arrivati al villaggio d'Akbulak, nevischiava piano.
Scendiamo in due o tre per comprare il pane o quel poco che si poteva trova-
re in qualche bancarella del paese, c'era esposte poche cose, dei pesci, pochi
ortaggi, io riesco a scambiare una pagnotta con qualche indumento, quando mi
accordo che il comandante fa cenno alle guardie, ci aveva visto vendere gli
indumenti per avere il pane e ci hanno rincorso. Non siamo riusciti ad evitare
la cattura, ci hanno portato dentro I'ultimo vagone del treno, e ci hanno con-
segnato ad un certo Battista, che era un italiano passato dalla parte della pro-
paganda comunista.
Il vagone era scassato e pieno di fessure, per terra non c'era niente neanche un
po'di paglia e faceva un freddo notevole.
Sapevamo che quel Battista, chiamato boia dei prigionieri n'aveva combinato
di tutti colori contro gli italiani, per assecondare i comandanti russi sempre per
obbedire agli ordini superiori dei commissari politici, allora abbiamo inco-
minciato a ribellarci - per la prima volta - ad affermargli che adesso stiamo
tornando in Italia, la guerra era finita, e Lui avrebbe pagato per le angherie
contro gli italiani. ( Infatti, quando è arrivato in Italia è stato processato per
quello che aveva fatto).
Il Battista, non so se per paura o per vigliaccheria ha lasciato la porta del vago-
ne chiusa senza lucchetto... alla fermata successiva del treno siamo riusciti a
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