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le libero, il tutto circondato da tre cerchi di filo spinato.
     Nelle pause della raccolta del cotone stiamo sdraiati per teffa ad assaporare  un
     tiepido sole, ci sembra di rinascere dopo il freddo patito in Siberia, è veramen-
     te un momento  piacevole  e intanto  bruchiamo  l'erba come pecore, sentiamo il
     bisogno di qualcosa di fresco, ma dobbiamo stare attenti a non farci vedere
     dalle guardie perché è proibito,  ed hanno il moschetto  sempre  pronto a spara-
     re.
     In quel campo ho conosciuto  un tenente medico  di fanteria  Donati Guglielrno,
     che mi ha curato una polmonite.  Per arricchire l'alimentazione  ogni tanto si
     va nella steppa a raccogliere  le tartarughe, ce ne sono un'infinità e sono molto
     piccole, si va a gruppetti accompagnati  dalle guardie, e si cucinano  nella
     n)ppa, erano  buonissime.
     Una volta abbiamo  preparato la ztppa di rane,  ed era una leccornia.
     In cucina  c'era un certo  Piva di Sampierdarena, che faceva il cuoco anche  in
     Patria e faceva  l'impossibile per cucinare meglio che poteva quello che aveva
     a disposizione.
     Mentre  mi trovavo in quel campo di concentramento, tutto sommato abbastan-
     za tranquillo,  ho dovuto  assistere ancora  una volta ad una scena raccapriccian-
     te: siano nelle nostre baracche che consumiamo  il rancio, si parla, si fantasti-
     ca, si spera che il tempo passi e forse chissà  un giorno si potrà anche tornare
     a casa.
    Il campo è cintato  da filo spinato, agli angoli una tettoia con la sentinella,  sem-
    pre col fucile imbracciato, ed un cartello che diceva  "non avvicinarsi, la sen-
    tinella spara".
    Al campo insieme  con noi c'è un giovane,  di circa 20 anni, il più giovane, il
    quale aveva il compito di spazzare  il piazzale davanti  alle baracche, compito
    che tutti i giorni svolgeva con dovizia. Per fare questo lavoro gli era permes-
     so uscire  dal reticolato, davanti  alla sentinella,  quel giorno il giovane  mentre
     staya spazzando  vede una buccia  di melone vicino al filo spinato, si avvicina,
     (dall'esterno  verso l'interno) per prendere quella buccia  di melone.  La senti-
    nella senza un minimo  cenno d'avvertimento  gli spara a bruciapelo alla pan-
    cia. Sentiamo il colpo di fucile e poi un grido, ". Usciamo tutti allibiti e sor-
    presi nel vedere  il poveretto  che rantolava e con le unghie raschiava per ternt,
    per aggrapparsi a qualcosa, e grida "mamma...  mamma".
    Le sentinelle  e le guardie,  quasi tutte donne escono, vedono  la scena e... :rlr.
    ah, ridono... ridono sguaiatamente.
    Lo portano via, il tenente  medico Donati si offre per soccorrerlo  e dopo un po'
    torna scuotendo la testa. Non l'abbiamo  più visto.
    In quella  regione gli abitanti vivevano  in villaggi detti Suvkov, che erano  slitli
    costruiti appositamente  per i deportati civili condannati ai lavori forzati thrl
    regime di Stalin, erano tutti ex contadini  Ucraini che non avevano voluto cetlc


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