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LI POVERI SCHIAVI
Come abbiamo visto, don Pagliara non elenca quasi mai la
servitù tra coloro che vivono sotto lo stesso tetto, ma troviamo
questa registrazione per una casa del quartiere Marina: “Lorenzo
Rosso fu Bernardino e i suoi figli Giovanni Battista, Francesco;
Battina seconda moglie di Lorenzo; Giuseppe “mancipium”;
Caterina vedova di Giovanni Rosso, sorella di Lorenzo”. Una
analoga registrazione viene fatta, sempre nel quartiere Marina,
da Don Bado: “Giovanni Battista Besio fu Francesco; Maria
Caterina sua seconda moglie; Maddalena Magnone “famula”;
Francesco “mancipium”.
Il termine mancipium indica uno schiavo e letteralmente
significa “colui che è stato acquistato”; sembra sicuro che si
riferisca a due prigionieri islamici acquistati come schiavi.
Abbiamo già visto il caso di un islamico convertito al
cristianesimo, trattando gli atti di morte. In quelli stessi anni
molti cristiani finivano prigionieri, dopo essere stati catturati in
mare, per alimentare quella che si può definire una “industria
dei sequestri”. I prigionieri, infatti, non interessavano come
manodopera, anche se potevano essere utilizzati soprattutto in
agricoltura, ma per ricavarne un riscatto. Quelli che
appartenevano a famiglie povere potevano essere salvati solo
dagli ordini religiosi, in particolare quello di S.Maria della
Mercede, che si dedicavano alla raccolta di fondi per il riscatto
dei prigionieri.
Al termine dello Stato delle Anime di don Pagliara sono raccolte
delle note in italiano. Tre riguardano la vita ecclesiastica: la
fondazione di una cappella a Tosse, le visite pastorali dei
vescovi Paolo Andrea Borelli (1700-1710) e Giuseppe Sauli
Bargagli (1710-1712). Dopo queste vi è l'annotazione,
continuata da don Bado, delle somme raccolte, attraverso le
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